Molise, lo stato dell’aborto e l’obiezione di coscienza

L'osservatorio ven 18 settembre 2020
Attualità di Claudio de Luca
4min
Obiezione di coscienza ©TermoliOnline.it
Obiezione di coscienza ©TermoliOnline.it

CAMPOBASSO. Molise, lo stato dell’aborto e l’obiezione di coscienza.

Spesso sono proprio le persone più qualificate, quelle che aiutano a intraprendere cammini difficili (quale l’interruzione di una gravidanza), a rifiutarsi di intervenire “per motivi etici”. Cerchiamo di capire perché avviene questo, ma non prima di verificare quali siano gli «indirizzi» di ciascuna Regione italiana in fatto di obiezione di coscienza.

In Italia ben 7 ginecologi su 10 si rifiutano di effettuare interventi, quasi il 12% in più rispetto al 2005. Questi medici hanno sentito, nella propria coscienza, il bisogno di non prendere parte all’espletamento di un diritto sancito per legge. In taluni luoghi, poi, quasi la totalità dei ginecologi si dichiara obiettore di coscienza. Per esempio, nel Molise, sono obiettori il 93,3% dei ginecologi; a Bolzano il 92,9%; il 90.2% in Basilicata, l’87,6% in Sicilia, l’86,1% in Puglia,

l’81,8% in Campania, l’80,7% nel Lazio e in Abruzzo. Meno accentuata la percentuale di anestesisti- obiettori che, in media, è pari al 49,3%.

Anche in questo caso i valori più elevati si osservano al Sud, con un massimo di 79,2% in Sicilia, 77,2% in Calabria, 76,7% in Molise e 71,6% nel Lazio, mentre il personale medico obiettore raggiunge valori intorno al 46,6% con un massimo di 89,9% in Molise e 85,2% in Sicilia. Tutto ciò posto, le Regioni rimangono legittimate a ‘bloccare’ l’aborto in casa propria. In effetti compete a questi Enti sovraordinati garantire che la somministrazione del farmaco Ru 486 non contrasti con la legge ‘194’ che – per iniqua che possa essere – ammette la tutela della madre e del nascituro, da praticare anche mediante la stipula di convenzioni con le Associazioni di volontariato per la vita. Ciò posto, affrontiamo la questione più da presso.

In base alla Costituzione (art. 117), alle Regioni spetta la potestà legislativa, concorrente con quella dello Stato, in materia di tutela della Salute; mentre a quest’ultimo spetta la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti sull’intero territorio.

Alle Regioni, nell’àmbito della programmazione sanitaria, compete di disciplinare – con legge – l’articolazione dell’ordinamento degli ospedali, il collegamento fra servizi ospedalieri ed extra-ospedalieri nonché l’individuazione dei Presidi e dei Sevizi che svolgono attività prevalentemente rivolte a territori di più Usl. In tale conteso si colloca pure il provvedimento statale che ha ridefinito l’utilizzo e la somministrazione del farmaco Ru486.

Alla Regione spetta la valutazione dell’idoneità, sotto il profilo organizzativo, delle strutture sanitarie specificatamente adibite allo svolgimento delle prestazioni e dei servizi previsti dalla legge stessa.

La necessità di coordinare l’attuazione della determinazione dell’Aifa con le norme vincolanti della legge n. 194/1978 pone l’esigenza di assicurare che le prescrizioni non possano essere trasformate in azioni non conformi alle norme di legge nell’àlveo di cui si rinvengono il valore sociale della maternità e della tutela della vita umana che vanno, a loro volta, interpretate congiuntamente nel porre in essere iniziative volte a far sì che l’aborto non sia usato come metodo di controllo delle nascite. Il fatto è che le linee d’indirizzo relative alla Ru486 sono figlie della mentalità radicale ispiratricedella legge n. 194 che obnubila la presenza del figlio concepito ove non si colga l’occasione per rimarcare, per altre vie, l’identità umana dell’essere umano sin dal suo primo sbocciare nel seno materno. Occorre, perciò, chiedere alle Regioni di dare, finalmente, attuazione all’art. 2 della legge che appunta, in capo ai consultori familiari, la funzione di assistere la madre, contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza. Dovremmo perciò ricordare al nostro Ente sovraordinato che la legge non ha contemplatoalcuna competenza dei consultori quanto ad interventi abortivi; e che non ha mai inserito, tra le competenze consultoriali (quanto ad interventi abortivi) il rilascio del cosiddetto titolo autorizzativo all’aborto. Da anni, invece, questi provvedono al rilascio del menzionato titolo benché quest’ultimo non sia stato previsto da alcuna norma. Sulla stessa linea, le Regioni fissarono – con proprie norme legislative – i criteri per la programmazione, il funzionamento, la gestione ed il controllo del Servizio consultoriale per il proprio territorio di competenza. Ciò posto, appare chiaro che le linee d’indirizzo sulla Ru486 sono fuorilegge mentre la ‘194’ del 1978 ha auspicato, caldamente, una virtuosa collaborazione tra pubblico e privato.

Negli anni, il numero di medici obiettori in Italia è continuato a crescere, raggiungendo il suo picco massimo in Molise, dove l’unico a praticare gli aborti è stato un medico dell’ospedale di Campobasso. Da solo riusciva ad esaudire tutte le richieste (400 all’anno, 9 che arrivavano per lo più dalla Campania, dall’Abruzzo e dalla Puglia). Cosicché, nonostante l’alto numero di medici obiettori nella 20^ regione, il sistema di interruzione della gravidanza funzionava alla perfezione. Il ‘Cireneo’ molisano credeva nella ‘194’: ”E un’ottima legge – diceva - ma ha due pecche. Una è la solitudine del medico nel prendere le decisioni del caso, dal momento che non lavora in ‘équipe’; l’altra, la principale, è stata quella di avere introdotto l’obiezione di coscienza che porterà alla distruzione della stessa legge. In Svezia non è ammessa; e anche in Italia, almeno nelle scuole di specializzazione, andrebbe proibita”. In un’altra intervista, il medico aveva spiegato che - a suo parere - molti colleghi erano diventati obiettori perché “non vogliono esporsi e desiderano far carriera”. Con ciò ammettendo di credere che, per un ginecologo, non dovrebbe essere ammessa l’obiezione di coscienza.

Claudio de Luca

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