​Retrospettiva: Lodigiani, l'impresa che fece l’invaso del Liscione

L'osservatorio ven 16 ottobre 2020
Attualità di Claudio de Luca
3min
La diga del Liscione ©Termolionline.it
La diga del Liscione ©Termolionline.it

LARINO. Il nome evoca ricordi in ogni comune che si affacci sulla parte terminale del Biferno. Negli anni ‘60, la “Lodigiani” costruì la diga che diede vita ad un invaso artificiale gigantesco, riuscendo a risolvere il problema idrico dell’area. Ma non solo, perché quando sul lago ebbe a distendersi la “Bifernina”, si accorciarono le distanze tra Termoli, grazie ad una strada di collegamento, definibile “veloce” almeno per quei tempi. Al vostro cronista quell’Impresa evoca momenti “eroici” di vita, sociali e personali. Ricordo che, per l’inaugurazione dei lavori, scese in Molise il Ministro Pastore; e che, per quell’epoca, si trattò di un evento che, naturalmente, doveva essere “coperto” da tutti i quotidiani. All’epoca chi scrive era corrispondente de “Il Mattino” di Napoli. Il quotidiano di via Chiatamone dové coprire l’evento e m’inviò al seguito dell’uomo politico che, nei suoi tre
giorni di visita, toccò i maggiori centri molisani, spostandosi da Agnone sino alla costa. Fu così che uno studente liceale si vide pubblicare i suoi articoli sulla pagina 2 del giornale, sormontati da titoli di scatola e dalla sua “firma”.

Per l’opinione pubblica la realizzazione della diga si rivelò una cosa avveniristica. Dei vantaggi cominciarono ad accorgersene un po’ tutti quando la Società Lodigiani riuscì ad attivare un sommovimento economico tale da coinvolgere ogni settore della vita locale. Nel Basso Biferno calarono ‘caterpillar’ ed altri mezzi d’opera di dimensioni inusitate; furono assunte centinaia di operai che, naturalmente, dovevano pure consumare i pasti ‘in loco’. Cosicché i ristoratori della zona dovettero attivare sotto Guardialfiera numerose cucine da campo in grado di sfornare coperti l’uno dopo l’altro. Finalmente si produceva pure nelle Terre del Sacramento, laddove il Biferno - che nell’ 800 aveva rappresentato, secondo Jovine, “un liquido invalicabile ostacolo tra le due parti del Molise” (…), al punto che “notizie di guerre, cadute di dinastie, di congiunzioni di astri arrivavano dopo sei mesi, quando avevano perduto ogni significato, ogni carattere emotivo“, - avrebbe portato benessere e ricchezza. Difatti, il danaro cominciava a
circolare in un’area distintasi sempre per la propria depressione.

Tutto questo si è potuto originare grazie ai lavori portati a termine da un'Azienda italiana poi rimasta schiacciata sotto il peso di 63 inchieste, conclusesi – dopo anni ed anni di patimenti - senza una condanna. La “Lodigiani” ne uscì tramortita, ma non volle smarrire la propria “onorabilità”. L’Impresa era nata nel 1905 a Piacenza per costruire ponti, dighe e strade ai quattro angoli del pianeta. Il suo nome era legato alla Impregilo (Impresit-Fiat, Girola e Lodigiani). Ai suoi vertici si susseguirono i vari discendenti del fondatore Vincenzo.

I rovesci si verificarono negli Anni ‘90, con le indagini di “Mani pulite”. Era inevitabile che la Spa venisse coinvolta: aveva sede a Milano ed era la più rilevante nel settore delle costruzioni a conduzione familiare. Per fatturato era preceduta solo dalla Cogefar della Fiat. Diecine di inchieste la sballottarono paurosamente sinché i lavori cominciarono a non essere più saldati e le banche presero a chiedere il rientro dei capitali erogati in prestito. La famiglia Lodigiani decise di difendere l'onorabilità dell'impresa, saldò tutti i debiti con gli istituti di credito e con i fornitori; per di più
ricollocò i dipendenti utilizzando le proprie risorse economiche.

L'occupazione venne garantita confluendo in Impregilo che, non avendo lavori in Italia, non era stata coinvolta nelle inchieste giudiziarie.
Le 63 inchieste attivate dalle diverse Procure, e sottoposte all’esame di vari Tribunali, si conclusero tutte con l'archiviazione o con l'assoluzione. Però, pur senza avere subito manco una condanna, quell’azienda patì l’inferno e finì con il cadere in ginocchio. Le assoluzioni si rivelarono una ben magra soddisfazione a fronte delle ossa rotte con cui ne uscì l’Impresa e la Famiglia. Col senno di poi, può dirsi che una sola cosa è certa: la Lodigiani rimase vittima dell'insofferenza giudiziaria dell’epoca al sistema politico che aveva guidato il paese nei 50 anni del dopoguerra.

Claudio de Luca

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