​Un grande avvenire dietro le spalle: il sogno della terza Provincia mai realizzato

L'osservatorio lun 19 ottobre 2020
Attualità di Claudio de Luca
2min
Il basso Molise ©lovelyMolise
Il basso Molise ©lovelyMolise

TERMOLI-LARINO. Quindici anni addietro se ne parlava, oggi solo un folle riproporrebbe l’argomento. Ma rievocare certi temi può far comprendere
come si ragionasse un tempo e perché determinati argomenti oggi siano stati superati dai problemi economici divenuti ben più seri. Iniziò il
“Corriere del Molise” che ventilò l’opportunità della costituzione di una terza provincia; e la questione ritornò alla ribalta grazie all’iniziativa intrapresa da Giovanni Di Stasi (già Presidente della 20^ Regione) e da Pino Gallo che presero a frequentare le sale consiliari di alcuni dei Comuni interessati per esplicitare l’impresa. Nel corso degli incontri illustrarono i pregi della ventilata istituzione ed i primi cittadini dei Palazzi interessati furono invitati ad attivarsi, partorendo gli atti amministrativi previsti.

Il vezzo, tutto italico, di pensare, periodicamente, all’istituzione di nuovi capoluoghi di provincia può facilmente evincersi da quella cinquantina di scartafacci, depositati ad inizio di ciascuna legislatura, nelle Segreterie delle due Camere. Per ciò stesso, in altri tempi, il numero di tali enti era andato lievitando (Frosinone, Pescara, Rieti e Latina, elevate in epoca fascista; Isernia, che riuscì nell’intento nel 1970 mentre, nel 1992, salirono sul podio Biella, Crotone, Lecco, Lodi, Prato, Rimini, Verbano-Cusio-Ossola e Vibo Valentia). Spesso, però, la strada per “nobilitare” un Comune era transitata attraverso l’attivazione del circondario. E fu in questo solco che ebbe a muoversi Larino (2 gennaio 1927, anno della soppressione delle varie sotto-Prefetture e della conseguente ‘diminutio in pejus’ del centro frentano). Dal canto suo Melfi, “precipitata” nelle medesime condizioni, assunse già nel 1955 l’iniziativa di chiedere il ripristino dei capoluoghi di circondario.

E Larino si associò, tanto più che – sin dagli anni precedenti – il sen. Giuseppe Magliano aveva preso a pungolare il Governo a tale proposito.
Purtroppo, la scarsità del numero dei centri che deliberarono di aderire non portò a buon esito l’iniziativa melfitana, ritornata alla ribalta
nel 1982, quando, agli atti posti in essere dai Potentini, si associarono quelli di numerose altre comunità italiane, tra cui pure quella frentana, già “forte” del parere favorevole, ottenuto nel gennaio del 1953, da alcune Commissioni permanenti del Senato.

Seguirono diverse iniziative, quasi sempre “lanciate” dai corrispondenti locali dei quotidiani, sorrette - dietro le quinte - dai potentati democristiani dell’epoca. Da buon ultimo, la questione-Provincia, subito dopo l’avvenuto accorpamento delle Diocesi di Larino e di Termoli (e quasi a compensazione dell’inattesa “mutilazione”), fu cavalcata persino dal Pci frentano, con l’innovativa proposta della creazione di un istituto da gestire in condominio con i cugini del centro adriatico. Infine, dopo qualche periodico, e vago, accenno operato da una parte della stampa locale a favore della
elevazione a provincia della sola Termoli, si riprese ad accontentarsi della istituzione a due.

L’allora Sindaco di Termoli (lo chiamavano “gattone”, ma era una vecchia volpe) non ha mai seriamente rivendicato l’auspicato ruolo.
Addirittura si mise a celiare finendo con il proporre una Provincia impossibile (Termoli-Isole Tremiti). Di Giandomenico sapeva bene che
l’istituzione di una nuova provincia non implicava più la creazione di nuovi uffici periferici delle Amministrazioni statali e degli altri enti
pubblici nazionali (Ufficio territoriale di Governo, Questura, Direzione delle entrate, Motorizzazione, etc.). Col senno di poi, occorre riconoscere che la proposta di istituire una terza Provincia molisana, oltre che assolutamente impraticabile, era pure inutile; già da allora. Quindi, certe iniziative, fatta esclusione per il “pennacchio” da capoluogo che ne sarebbe derivato, avrebbe portato con sé solo un pugno di mosche ai cittadini interessati.

Claudio de Luca

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