Allarme criminalità, «Più complicità che omertà nel basso Molise»

L'intervista gio 20 gennaio 2022
Cronaca di Emanuele Bracone
6min
Vincenzo Musacchio ©Termolionline
Vincenzo Musacchio ©Termolionline

TERMOLI. Nello scorso mese di novembre il procuratore aggiunto di Foggia, Antonio Laronga, disse esplicitamente come il basso Molise fosse una riserva di caccia per riciclare attraverso l’acquisto di attività economiche, i proventi della malavita, frutto della criminalità foggiana. Di recente, c’è stata anche l’operazione contro il clan camorrista che operava sulle piazze di spaccio tra Bojano e Campobasso, mentre in Capitanata c’è stata una recrudescenza dei fenomeni collegati alla quarta mafia, con attentati ripetuti. Uno spaccato allarmante, su cui abbiamo chiesto chiarimenti al professor Vincenzo Musacchio, nelle sue vesti di criminologo, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (Riacs) di Newark (Usa). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra.

Se dovesse fare una fotografia delle mafie in Molise aggiornata a oggi, come la descriverebbe?

«Il Molise non è un’isola felice. Questa sarebbe la principale caratteristica della fotografia. Le mafie qui da noi non sono manifeste ma silenti, non facilmente percepibili e non facilmente decifrabili. Abbiamo un’infiltrazione di tipo economico. Da noi s’investe, si pratica l’usura, si ricicla. Poi abbiamo una forte mentalità mafiosa che travolge in pieno il funzionamento della pubblica amministrazione e che è notevolmente sottovalutata. Riguarda la trasparenza dell’economia, il sistema delle imprese, il mercato, la politica, le istituzioni. Questa è la mia fotografia in tempo reale».

Quali vantaggi hanno le mafie infiltrandosi in Molise?

«Le mafie investono nei mercati legali molisani per motivi di occultamento di attività criminali (ad esempio il riciclaggio del denaro sporco); per motivi economici (investimenti e profitti in campo economico e finanziario); per motivi sociali (consenso popolazione); per motivi strategici (infiltrazioni nel territorio); per motivi personali (interessi specifici). La droga è l’apri-pista. L’infiltrazione nel settore turistico o della grande distribuzione è di particolare importanza per il controllo economico del territorio. Attività fortemente legate al territorio e con una distribuzione capillare garantiscono, infatti, visibilità alle organizzazioni mafiose e permettono loro di influenzare l’economia legale. Il settore degli appalti pubblici e dei vari aiuti economici favorisce le organizzazioni criminali nel controllo del territorio, in quanto, queste, attraverso la gestione dei subappalti, sarebbero in grado di offrire o negare lavoro a determinate imprese, controllando di conseguenza alcuni settori strategici dell’economia legale. La dimensione dell’impresa può incidere sulla decisione di infiltrarsi nell’economia legale con lo scopo di controllare un determinato territorio. La criminalità organizzata in Molise sembra, infatti, prediligere imprese di piccole o medie dimensioni, in quanto, queste avrebbero maggiori opportunità di radicarsi nel territorio».

Sono possibili in Molise guerre tra clan mafiosi diversi per il dominio del territorio?

«Come studioso dei fenomeni mafiosi, da oltre trent’anni, lo escluderei. Le nuove mafie non si fanno più la guerra ma si accordano. Ci possono essere scaramucce nel settore dello spaccio di stupefacenti, ma per i grandi affari le mafie moderne seguono ormai da anni la via della diplomazia e degli accordi. La nuova regola è denaro al posto del piombo, ossia, corruzione in luogo della violenza. Le mafie trovano sempre la via dell’intesa senza spargimenti di sangue, sanno che far rumore ha come conseguenza l’attenzione di magistratura e forze di polizia».

C’è il primo pentito molisano, cosa ne pensa?

«È l’ulteriore conferma di come il Molise non sia esente dal cancro mafioso. Lo dico da oltre vent’anni nell’indifferenza quasi totale. Oggi i fatti cominciano a darmi ragione, anche se devo riconoscere, avrei preferito il torto».

Il procuratore distrettuale antimafia di Campobasso avrebbe definito il territorio basso molisano come “il più omertoso di tutta la regione”, lei è d’accordo?

«Naturalmente non posso sapere cosa abbia spinto il dottor D’Angelo a questa eventuale affermazione, è un magistrato ed ha dati che io certamente non ho. Per la mia esperienza di studio non credo si possa parlare di omertà ma di un’evoluzione in senso negativo della stessa. Il fatto che non ci siano segnalazioni, denunce su estorsioni, usura e altri reati spia non significa per forza omertà. Sempre più spesso dietro questo fenomeno si nascondono complicità, collusioni e contiguità. Le nuove mafie quando s’impossessano di fette dell’economia usano nuove strategie. Nell’usura e nelle estorsioni, per esempio, quando inglobano una nuova attività economica invece di estromettere il precedente proprietario lo lasciano al suo posto e lo usano come testa di legno concedendogli anche una parte dei guadagni. È ovvio che in simili situazioni l’omertà ceda il posto alla complicità. Il che non vuol dire che sia meglio».

Di recente in un apprezzato Webinar con l'istituto omnicomprensivo di Guglionesi, sia lei sia il Procuratore aggiunto di Foggia, Antonio Laronga, avete messo in guardia dalle infiltrazioni malavitose nel nostro territorio. Gli episodi recenti avvenuti sia in Molise che altrove cosa testimoniano?

«L’ha spiegato molto bene il procuratore aggiunto di Foggia che le mafie pugliesi stanno man mano contaminando molte realtà economiche che erano sane. Comprese in tali realtà ci sono il Molise e l’Abruzzo e i segnali sono evidenti. Usura, estorsioni, racket, la pratica del cavallo di ritorno, il traffico e lo spaccio di enormi quantità di droga. Senza contare i latitanti e i confinati che dalla provincia di Foggia si nascondono o vivono in Molise. Credo che questi fatti indichino che il primo passo per prevenire e contrastare le mafie sia quello di studiarle con metodo scientifico elaborando strategie efficaci e attuali. Occorre dare ai cittadini le informazioni e gli strumenti necessari affinché siano in grado di conoscere il problema, per capirlo e difendersi. Io la penso così. A proposito di problemi legati alle mafie, non sottovaluterei che nella nostra piccola regione siano in arrivo i soldi del Pnrr. Non credo che le mafie staranno a guardare».

Il 2022 sarà un anno destinato anche a trentennali di enorme rilevanza, come Mani Pulite e le stragi di mafia. Che cosa è cambiato da allora?

«Devo dire pochissimo, forse nulla. Ci sono aspetti che sono addirittura peggiorati. Non mi sembra che la lotta alle mafie, alla corruzione e all’evasione fiscale siano state al centro dell’attenzione dei vari Governi che si sono succeduti negli ultimi trent’anni, compreso il presente. Indicativa è la frase di Camillo Davigo “I politici non hanno smesso di rubare, hanno smesso di vergognarsi”, che io modificherei relativizzandola con “una parte dei politici”, poiché credo vi siano anche politici degni di questo nome e fortunatamente ne ho conosciuti alcuni che purtroppo rappresentano una minoranza».

L'elezione di Scalfaro nel 1992 fu la prima reazione dello Stato dopo la strage di Capaci, oggi quali sono le influenze sul voto per il Quirinale?

«È una domanda alla quale rispondo da semplicissimo cittadino. Premesso che nessuno dei poli ha i voti necessari per eleggere il Capo dello Stato, credo che in questo momento storico occorra una figura fuori dai giochi della politica e perché no, non sarebbe male neanche una donna. Se non avesse 91 anni, io avrei visto bene la senatrice Liliana Segre che ho avuto il piacere di poter conoscere e per la quale nutro una profonda stima e ammirazione. Credo che in un momento di emergenza e di crisi sanitaria ed economica scegliere la persona giusta sia un dovere morale poiché questa scelta influenzerà la vita politica, economica e giudiziaria italiana per i prossimi sette anni. Io vorrei un Presidente che fosse garante della Costituzione in maniera sostanziale e non soltanto formale».


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