Policarpo Manes: un vero benefattore

Pagine di storia lun 24 gennaio 2022
Cultura e Società di Antonio Smargiassi
3min
Policarpo Manes: un vero benefattore ©Termolionline.it
Policarpo Manes: un vero benefattore ©Termolionline.it

TERMOLI. Il passaggio di Termoli dal 700 all’800 fu a dir poco drammatico. Al 23 gennaio 1799, giorno in cui le truppe francesi entrarono a Napoli instaurando la Repubblica Partenopea, seguirono nella Termoli giacobina versamento di sangue ed efferatezze da parte di bande assoldate dal cardinale Ruffo di Calabria, per conto di Ferdinando IV di Borbone, e con l’arrivo dei Francesi un pesante gravame economico. I termolesi infatti dovettero farsi carico dell’alloggiamento e del vitto per ufficiali, sottufficiali ma anche di ricoveri per la truppa e i cavalli.

In quei primi decenni del nuovo secolo si abbatterono inoltre sulla Città la pe-ste nel 1812 e nel 1837 il colera che causarono più di 500 morti. 

La città era afflitta da una diffusa miseria, aveva pochissime strade pavimentate e case nelle quali le famiglie convivevano con asini, cavalli e galline e pessime erano le condizioni igieniche aggravate dalla mancanza di acqua alla cui carenza si sopperiva incanalando l’acqua delle piogge verso le cisterne. Una situazione già descritta dal Vescovo Tommaso Giannelli (1750-1768) nelle sue Memorie.

Il catasto onciario 1802, strumento per la stima in once di terreni e fabbricati, ci dà il quadro della situazione economica della Città: la stragrande maggioranza dei 275 fuochi (capi-famiglia in possesso di una proprietà minima o di un lavoro certo) è costituita da una pletora di persone che, impegnate in varie attività, guadagnano in un anno poche decine di once a fronte dei fratelli Riccardo, Gabriele e Policarpo Manes, ciascuno dei quali possiede beni per un valore superiore alle 1.000 once annue. Non rientrano nei fuochi i nullatenenti.

In un cotesto di fatiscenza e povertà non mancavano bambini e bambine senza genitori o con parenti che non potevano farsene carico. E se i bambini, tra mare e campagna, riuscivano almeno a nutrirsi e a ripararsi dalle intemperie e dal freddo, alle bambine non rimaneva che tendere la mano per l’elemosina.

A questa situazione pose parziale rimedio uno dei fratelli Manes: Policarpo che con testamento del febbraio 1836 elesse a orfanotrofio femminile il grande fabbricato che da Strada San Pietro confluisce nell’attuale Piazza Bisceglia (allora ’un chiäne Cardóne). Il 10 agosto 1839 Ferdinando II di Borbone, re del Regno delle Due Sicilie, con proprio Decreto riconobbe l’Orfanotrofio come Fondazione.

Policarpo Manes, per assicurare il mantenimento delle orfane e delle suore che dovevano prepararle ad affrontare una vita nuova una volta raggiunto il 18° anno di età, assicurò alla Fondazione delle entrate derivanti da fabbricati e terreni dalle quali veniva detratta una ‘dote maritale’ di 25 ducati assegnata alla giovane che lasciava l’Orfanotrofio dove era entrata all’età di 6-7 anni.

Con il passare dei decenni e con i cambiamenti apportati dalle vicende le risorse finanziarie cominciarono a ridursi a tal punto da preoccupare il Vescovo Vincenzo Bisceglia il quale all’indomani del 1880 si mosse su due fronti: aggregare all’Orfanotrofio un Educandato per le ragazze appartenenti a famiglie che potevano corrispondere una cospicua retta mensile per apprendere il leggere, lo scrivere e il fari di conto; impartire loro una educazione fatta di belle maniere necessarie a una futura nobildonna. Un compito, quest’ultimo, assolto dalle Suore della Carità le quali ne affinavano la formazione con l’apprendimento della Lingua francese.

Nel 1900, su iniziativa del vescovo Angelo Balzano, lo Statuto relativo all’Orfanotrofio venne aggiornato: l’età dell’orfana per essere dimessa passò da 18 a 21 anni e la ‘dote maritale’ a 106 lire mentre l’Orfanotrofio Manes-Bisceglia veniva intitolato ‘Gesù e Maria’.

Un segno positivo sull’Orfanotrofio-Educandato lo lasciò anche la seconda guerra mondiale. Il 2 novembre 1946, il Maggiore H. R. Murphy, che aveva il comando civile e militare sulla Città, affidò alla superiora i tre bambini di circa 10 anni fuggiti da L’Aquila occupata dai tedeschi.

Il tempo portò ancora dei cambiamenti: finita la guerra l’Orfanotrofio cessò di avere questa funzione e con l’avvento degli Anni ’50 anche l’Educandato la sua, per quanto avesse assicurato un percorso scolastico fino alla Terza media.

Al poco noto grande benefattore è dedicata una stretta e lunga via che partendo da Piazza Vescovo Vincenzo Bisceglia sfocia in Via Federico II di Svevia, come a dire dal mare di oriente al mare di occidente.

Antonio Smargiassi

Storico Termolese e Scrittore

DOCUMENTAZIONE

STORIA DI TERMOLI, pagg. 114, 115, 116, 119, 132, 134, 137, 138, 147, 175

Catasto onciario 1802 Pag. 132 (Catasto O…. 1802- con Gabriele, Riccardo e Policarpo Manes-pag. 134), pag. 137

Termoli agli inizi dell’800: peste nel 1812, colera nel 1837 (220 morti)

Pagg. Foto, pag. 76 – La Battaglia di Termoli (IWM-London, NA 8404).

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