Il borgo degli Angioini al centro delle giornate Fai di Primavera
COLLETORTO. Colletorto al centro delle giornate FAI di Primavera, sabato 25 e domenica 26 marzo. Un percorso di fede, arte e cultura, grazie ai volontari del FAI farà immergere i visitatori in un percorso ricco di storia e di tante curiosità.
A Colletorto, un tempo roccaforte normanna e poi borgo degli angioini, è possibile incontrare opere d’arte e reperti antichi in un contesto animato da leggende e panorami sicuramente da non perdere. Ecco l’itinerario nei dettagli che consente di fare un piacevole viaggio nel mondo di ieri tra risorse e beni culturali che costituiscono l’identità più genuina del comune molisano. La chiesa del Purgatorio annuncia l’ingresso al centro storico. È a ridosso delle mura perimetrali che un tempo cingevano l’agglomerato più antico. Attualmente viene adibita per manifestazioni religiose e culturali. La graziosa chiesetta, sormontata da uno degli orologi più grandi della regione e da quattro campanili a vela, è stata la sede della Confraternita del Santissimo Sacramento e delle Anime del Purgatorio, costituita nel 1607 con l’autorizzazione di Papa Paolo V. Solo dopo diversi anni dalla sua costituzione, la Confraternita il 29 giugno 1776 viene riconosciuta con Decreto Reale dal Re delle Due Sicilie Ferdinando IV di Borbone. I confratelli avevano il compito di praticare i valori del Vangelo a vantaggio dei più poveri del paese e di far rispettare i principi della Chiesa secondo un’etica rigorosa. Ai confratelli erano vietati i giochi proibiti, il giocar a vino e andare di notte cantando e sonando per i rioni del paese. In particolare svolgevano un ruolo di assistenza ai contadini in difficoltà con la costituzione di un “monte frumentario”. Una sorta di magazzino rurale che conteneva il grano da garantire a quanti vivevano in condizioni di necessità.
All’interno sopravvivono un’immagine della Madonna e vari affreschi con cartigli da restaurare. Interessante l’architrave che sormonta il bel portale recante sulla sua sommità un teschio, simbolo della Confraternita, datato 1776. Pertanto un teschio veniva usato all’interno della chiesa per la raccolta delle offerte. Un’iscrizione latina di Seneca infine ricorda ai comuni mortali che non è dato conoscere il luogo dove s’incontrerà la propria fine: “incertum est in quo loco mors te expectat” (Incerto è il luogo dove la morte ti aspetta). È tra i portali più interessanti del Molise. A sinistra del portale si legge chi ha creato l’opera, Gennaro De Majo Artifex di San Giuliano di Puglia, e chi l’ha commissionato: Donato Catallar Procurator della Confraternita. Il museo parrocchiale, sorto da poco grazie ad un gruppo di benefattori, contiene all’interno reperti dell’antica chiesa e oggetti sacri donati dalla famiglia del marchese Barolomeo Rota, che, a Colletorto, all’inizio del Settecento ha ridisegnato l’impianto urbano, arricchendolo di non poche opere d’arte napoletana. Tra gli oggetti esposti spicca il “Paliotto da altare” dedicato a San Giovanni Battista, patrono del luogo. Si tratta di un tessuto prezioso che un tempo adornava la parte anteriore dell’altare maggiore. E’ costituito da una lunga fila di ricami floreali, disposti su linee parallele e orizzontali lungo una fascia di tessuto rosso che colpisce l’osservatore. La caratteristica decorazione dorata incornicia la seguente iscrizione latina: DECOLLATIO SANCTI JOANNIS BAPTISTAE PATRONI ECCLESIAE COLLISTORTI. Si tratta di un manufatto di scuola napoletana. Al centro campeggia la testa decollata del Battista carica di uno spirito espressivo che non si spegne mai. Il paliotto documenta il periodo più glorioso della storia del luogo. È una brillante fonte d’archivio che veniva esposta tra i due stemmi marmorei del Tria, in occasione della festa più amata dagli abitanti.
La Chiesa di San Giovanni Battista, patrono del paese, venne ricostruita nel 1730 nell’area della vecchia chiesa non più adeguata ai bisogni della popolazione. Dell’antico edificio restano la torre campanaria e l’antico portale trecentesco con la testa di San Giovanni Battista decollato tra due angeli in bassorilievo di pregevole fattura. L’ingresso più ampio è collocato sulla facciata del campanile dirimpetto alla torre angioina. In un angolo della chiesa colpisce subito il linguaggio espressivo del Battistero medioevale realizzato da abili artigiani. Interessante il Crocifisso ligneo sulla parete dell’altare. Si tratta di un Cristo dormiente carico di espressività che coinvolge lo spettatore in un dialogo continuo generando una quiete spirituale senza fine. Ha le dita mozzate e un lungo drappo ondulato che ricopre le parti intime. All’interno dell’unica navata spiccano diverse opere di artisti napoletani. Due statue di Giacomo Colombo (1663-1731) raffiguranti San Giovanni Battista e San Giuseppe. La scultura lignea di San Michele Arcangelo è opera di Paolo Saverio Di Zinno che sembra voler spiccare il volo come i suoi Misteri campobassani. Degna di nota la Pala di Paolo Gamba datata 1751. Rappresenta la Sacra Famiglia circondata da puttini, mentre in primo piano gli angeli aiutano le anime del Purgatorio a salire nell’alto dei cieli. Di valore è il meraviglioso tondo del Seicento su tavola lignea. Si tratta di una magnifica rappresentazione della Madonna della Purità. Nella sua freschezza espressiva anima un ideale di vita tra cielo e terra. Interessante la cornice quadrata che contiene il tondo, simbolo di perfezione tra intagli dorati finemente lavorati. Palazzo Marchesale di Bartolomeo Rota. Si tratta di una magnifica dimora gentilizia sorta in origine sull’antico impianto normanno del castello, rimaneggiata nei secoli successivi a partire dal Cinquecento. Grazie alla presenza del Marchese Bartolomeo Rota (1668-1751) dopo una lunga fase di abbandono, a partire dal 1704 il palazzo ritrova i suoi momenti di gloria. Diventa un punto di riferimento importante sul versante territoriale che si affaccia sulla Capitanata. Il grosso quadrilatero ha due ingressi caratteristici su piani differenti. Sull’ingresso principale spicca lo stemma del Marchese Rota. Una ruota marmorea sormontata da una corona reale. Sul cortile degli armigeri si affacciano due androni con aperture piene di luce. A fianco della cappella gentilizia, di cui resta soltanto il portale datato 1583, una comoda scalinata porta ai piani nobili d’un tempo, occupati oggi dal municipio. Nella sala consiliare si conserva Allegoria delle Quattro Stagioni. È ignoto l’autore dei dipinti. Sui gradini del tempo l’artista ha voluto ricostruire allegoricamente il cammino dell’esistenza. La donna ne diventa la personificazione e il soggetto privilegiato. Probabilmente sempre lo stesso. Perché appare femminile anche nell’Allegorìa dell’Inverno, interpretata da un soggetto maschile che alle spalle ha il Vesuvio fumante. Con tanta naturalezza la luce sulle figure mette in rilievo i particolari corporei e decorativi con una narrazione naturale non disgiunta da una problematica riflessiva. Lo stile è di scuola napoletana. La plasticità delle figure proviene da una fonte luminosa invisibile che accentua i toni e i caratteri espressivi dei soggetti in primo piano. La Torre della regina Giovanna I d’Angiò (sec. XIV). Da qualunque punto di osservazione la torre della regina subito colpisce perché svetta sulle abitazioni. Si presenta decisamente armoniosa nella sua impostazione architettonica. Le immagini crepuscolari animano strani intrighi nell’immaginario collettivo. Dal sagrato della Chiesa del Battista si genera una visione più gentilizia rispetto a quella prodotta su Largo Angioino, dove la torre si trasforma in sentinella di un ampio territorio, tra il Gargano, il Tavoliere e i monti della Daunia. La merlatura nasconde un ampio terrazzo panoramico. Caratteristici gli interni dei piani rialzati. A partire dalle prigioni inglobano una torre normanna. Si tratta senz’altro di un unicum. Una torre normanna a base quadrata è perfettamente contenuta nel ventre della torre circolare. Ben più ampia voluta dalla regina angioina. Questa morfologia particolare consente di capire l’evoluzione della radice normanna, trasformata in seguito da Federico II di Svevia, per assumere con gli angioini l’immagine di un’architettura napoletana definitiva. Dalle recenti indagini archeologiche si rileva che l’impianto angioino segue le tracce dell’antico castello, confermando il toponimo originario del paese: Colle Forte.
Tra i resti recuperati si nota il vecchio tracciato delle mura perimetrali e una grossa cisterna adiacente alle prigioni feudali. Al piano terra vi è una botola denominata dagli abitanti del posto “trabucco”. Usata per buttarvi dall’alto chi all’epoca si macchiava di gravi delitti. Come ogni torre che si rispetti si narra che nascondesse preziosi tesori e un cunicolo di fuga per gli abitanti in caso di assedio. Una leggenda feudale, come quella dello Jus primae noctis, alimenta il cammino della fantasia. Si racconta che un malvagio signore abusava di questo diritto feudale in occasione delle nozze di una bella ragazza del posto. Accadde che una notte un coraggioso marito, travestito da sposa, per mettere fine a questo inaccettabile sopruso, accoltellò l’arrogante feudatario di sorpresa che tranquillamente aspettava con piacere nel suo letto la giovane sposa del paese. Non mancano poi storie di strani fantasmi secondo l’io narrante popolare. Una di queste vuole che la regina con strani lamenti faccia sentire la sua voce durante le gelide notti invernali. Rievocando così sulle ali della fantasia i momenti più dolorosi della sua vita. Orari del percorso guidato nel borgo nei giorni 25 e 26 marzo. Mattina 10.00 - 13.00. Pomeriggio 14.00 - 18.00. Non occorre prenotazione. Punto di ritrovo Largo Cavour.