Riflessioni nel 26esimo anniversario dell’assassinio di monsignor Juan Gerardi Conedera

Per non dimenticare gio 25 aprile 2024

La figura di Anselmo Palini

Cultura e Società di La Redazione
3min
Riflessioni nel 26esimo anniversario dell’assassinio di monsignor Juan Gerardi Conedera ©Termolionline.it
Riflessioni nel 26esimo anniversario dell’assassinio di monsignor Juan Gerardi Conedera ©Termolionline.it

GUARDIALFIERA. Io non conosco ancora quale sia “l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità” di vita, di umanità, di sollecitudini e di slanci irradiati sul mondo da S.E. mons. Juan Gerardi Conedera, il Vescovo titolare di Guardialfiera, uno dei più audaci profeti di giustizia e di pace dei nostri giorni.

C’è qualcuno, però, che ha saputo calcolare bene la totalità del mistero di Cristo nell’internazionalismo passionale del nostro “buon pastore” di cui ricorre oggi il 26° anniversario dell’assassinio. Questo simpatico biografo è Anselmo Palini, nordico, uomo di pace, antimilitarista, in netta contrarietà alla logica delle armi e dell’esercito. È di Polaveno, territorio bresciano laddove, ahimè, prosperano aziende belliche, produttrici di ordigni e di mine, di esplosivi anticarro venduti in tutto il mondo. Di Anselmo, nobiluomo di Dio, – se n’è “impicciato” a marzo, sul n° 11 di “Credere”, il settimanale che, da oltre dieci anni, racconta a Milano la Chiesa della speranza.

In quella intervista, Anselmo narra anche del suo papà, chiamato in guerra nel 2° conflitto mondiale, assegnato alla truppa degli alpini e destinato alla campagna di Russia. Fatto prigioniero, rimane in Siberia per tre anni vissuti insieme ad un suo giovane e prediletto commilitone il quale una sera, affamato, sterra patate da un campo e, su quella terra è freddamente ammazzato da un venale e sconosciuto spione. L’amico del babbo si chiamava “Anselmo”, ed è per questo che il nostro campione di luminose biografie si porta addosso questo autorevole e significativo sigillo. Ed è proprio da qui che egli – ancora piccino - incomincia a provare il suo orrore per la guerra.

Che siano, dunque, “beati i pacifici che seppelliscono le armi e scelgono come scudo ramoscelli di mandorlo per ravvivare l’azzurro del cielo e i colori della terra; che siano beati coloro che sopportano persecuzioni per amore della giustizia e per la verità, perché la menzogna dura solo un istante, ma la verità e le rettitudini sono eterne e vanno eternate”.

Lo poetava Miguel Fernandez esponente della letteratura contemporanea spagnola, quasi ad introdurre e commentare inconsapevolmente le ragioni di vita e i pensieri e le opere di Anselmo Palini il quale incomincia a pubblicare per la editrice “Ave” indagini e approfondimenti su l’obiezione di coscienza, le dittature del 20° secolo e sulla riconciliazione fra i popoli. Scrive molti libri riguardo ad Helder Camara, Oscar Romero, Mariella Garcia Villas, Padre Rutino, don Pierino Ferrari, ma anche su Primo Mazzolari, Edith Stein, Teresio Olivetti, mons. Enrique Angelelli. Si accorge all’improvviso pure del nostro Juan Gerardi Conedera, dedicandogli “Juan Gerardi, Nunca màas” e lo va a porgere sulle mani di Papa Francesco con la prefazione del Cardinale Alvaro Leonel Ramazzini. Poi viene a presentarlo a Guardialfiera assieme ad esponenti della Pax Christi, dell’ufficio per la pastorale Sociale e per l’ecumenismo.

La sua prosa glorifica le vittime attuali della storia; dipinge coloro che preferiscono la bellezza della vita alla vergogna della guerra; osanna gli uomini costretti alla tortura; celebra la grande e indistruttibile gioia della fedeltà e dell’amore che sorpassa ogni coscienza, lo zelo e la forza d’una moltitudine di miti.

Per tanta tenerezza Anselmo Palini non è scampato neppure alla curiosa ammirazione di “le Monde”; di Civiltà Cattolica”, né di “Nigrizia” il mensile dell’Africa e del mondo nero fondato da Alex Zanottelli. E, nella sua plaga bresciana, Vito Alfieri, ingegnere elettronico, l’uomo della guerra, l’industriale di armi, produttore di oltre due milioni di mine vendute legalmente attraverso lo Stato italiano, decide di chiudere, di riconvertire l’azienda in operazioni di fratellanza e d’amore. Decide di dedicarsi allo sminamento nei Balcani. Una dolorosa e gioiosa presa di coscienza alimentata e maturata dall’azione pacifista dei chi sa vivere di Dio.

Vincenzo Di Sabato

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