Un libro di Giuseppe Mammarella ricorda la molisanità del primo seminario cristiano
Cultura e Società
di
redazione
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LARINO. Prima su "L'Osservatore Romano", quindi sul settimanale paolino “Famiglia cristiana” ed infine sul quotidiano della Cei "Avvenire" sono comparsi ampi servizi sul Seminario diocesano di Larino che, 450 anni fa, aprì i suoi battenti, divenendo il primo nel mondo cristiano post-tridentino. A rievocare il primato molisano è stato un libro di Giuseppe Mammarella, responsabile dell’Archivio diocesano, che la Casa editrice “Città Nuova” ha voluto pubblicare. Già Papa Giovanni XXIII aveva scritto “che in Italia il movimento per la fondazione dei seminari fu generale e sincrono. Ed ecco che, pure a Larino avvenne che il vescovo Belisario Balduino, il 26.I.1564, ne fondasse - in poche e povere stanze e con rendite tenuissime - uno arrivato buon primo”, davanti a Rieti, Camerino, Montepulciano e Milano. Quello molisano è un mondo piccolo, contraddistinto dalla modestia demografica di agglomerati che vantano ciascuno una minuta storia. In queste comunità, sopravvivono intelligenze vere e modeste quali quelle del larinese Giuseppe Mammarella; uno che ha sempre amato misurarsi con i grandi avvenimenti proposti dalla quotidianità storica locale. Soltanto questi eventi eccitano la sua fantasia; mai la povera cronaca in cui affonda, ignaro e felice, l’ex-Contado borbonico. Egli si rivolge allo studio di un’epoca che fu, con la coscienza di quanto sia importante disvelare le eredità tramandateci dai nostri patres. Ha fatto questo dopo di essersi ritirato nel ridotto più giusto: quello rappresentato dal buono del mondo e dal vivere corretto. La storia d’antàn dei paesi molisani ha sempre avuto cultori appassionati e fedeli: uomini disinteressati e moderati, capaci di affrontare un lungo viaggio magari solo per compiere una ricerca o per controllare l’esattezza di un nome o per accertare una data, felici di intrattenere corrispondenza con altri esperti della stessa materia e di tessere una rete fittissima di rapporti al fine di raccogliere tutti i frammenti di quel grande mosaico rappresentato dal divenire delle istituzioni, degli usi e dei costumi. E’ proprio questo l’àmbito in cui oggi vive la sua quotidianità Giuseppe Mammarella, dopo essersi posto in quiescenza dal Comune di Larino dove ha prestato – per 40 anni – il “mestiere” di maresciallo-capo nella Polizia municipale. Attivo come un’ape operaia, corre da anni da un archivio all’altro, insinuandosi persino nelle biblioteche vaticane per “ricercare” fatti o per inseguire i contorni vitali di personaggi (anche minimi) su per gli alberi genealogici oppure soffiando sulla polvere degli archivi parrocchiali e comunali. A casa, la camera che gli funge da studio si presenta zeppa di manuali d’ogni genere, tutti inquadrati dal segno del suo quotidiano operare. L’archivio che si è formato negli anni è zeppo di cartelle etichettate, di schedari, di raccoglitori gonfi (dove conserva la corrispondenza intrattenuta con gente come lui) e di libri. Posso presumere che abbia maturato un cruccio? Credo proprio che sia quello di non avere a chi affidare la continuità della propria opera. Lo immagino quando, molto avanti negli anni, più affaticato, un poco più confuso, si guarderà intorno – smarrito! - mentre medita su questa amara verità, convinto com’è di non essere mai stato fuori dalla realtà perché, quando si abbia a che fare con le storie e con i personaggi di un tempo, si è sempre nel giusto e nel buono. Ogni tanto mi piace di pensare che Mammarella intrattenga, tra le carte del suo archivio, “materiali” che potrebbe rendere oggetto di un volume buono a testimoniare i fatti, i luoghi ed i profili di coloro con cui ha avuto pratica di vita, creando un sito della memoria che permetta di riandare agli anni ed ai giorni della “sua” e della “nostra” esistenza che (forse!) ci siamo fatti scivolare addosso con troppa nonchalance. (Claudio de Luca)