​La «Complessa armonia» di Carla Cerbaso: l'Io "per tre"

Mostra al Castello Svevo gio 16 agosto 2018
Cultura e Società di Stefano Fioretti
5min
Carla Cerbaso con Maria Gabriella Ciaffarini ©Termolionline.it
Carla Cerbaso con Maria Gabriella Ciaffarini ©Termolionline.it

TERMOLI. Nella serata di martedì 14 agosto è stata inaugurata nel Castello Svevo di Termoli la mostra di Carla Cerbaso, poetessa, scultrice e pittrice nativa di Agnone ma in opera a Francavilla al mare.

L'apertura, al suono di musica Barocca eseguita da Luca Dragani e Walter D'Arcangelo rispettivamente al flauto dolce e al cembalo, è stata affidata a Maria Gabriella Ciaffarini, musicista e critica d'arte, che insieme all'artista ha accolto i gli ospiti dell'evento, nonché i numerosi visitatori che sono entrati a visitare l'esposizione anche durante il "vernissage", e si è poi prodotta con competenza e perizia in un mini-convegno parecchio interessante.

Nell'osservare le creazioni esposte l'impressione immediata, piuttosto che di una sola persona che si esprime tramite tre forme d'arte, è quella di trovarsi di fronte a tre distinti artisti che vivono e traducono autonomamente le nobili espressioni dell'IO. L'IO, già, il protagonista assoluto di una interiorità che, poderosa, emerge nelle tele, nelle sculture e nelle poesie assurgendo a vero denominatore comune tra le "tre Carla" che ognuno potrà ammirare recandosi nella Fortezza termolese. Si tratta, almeno a mio avviso, dell'unica deroga alla ferma posizione da lei tenuta nell'affermare in modo netto e deciso separazione ed autonomia dei suoi percorsi artistici. Lo ha ribadito anche rispondendo a specifica domanda. Probabilmente ha del tutto ragione, giacché ci sono cose che è possibile esprimere al meglio con le parole piuttosto che con uno spatolato o la pittura a olio o con una scultura. Il fatto che mai una delle sue opere ne abbia istigata un'altra, in un potenziale intreccio tra i tre ambiti, è il segnale di una personalità spiccata e della capacità di portare a compimento le motivazioni delle singole ispirazioni.

Provando ad immergersi un po' più in profondità, va detto innanzitutto che le tele comunicano una costante ricerca tecnica e stilistica e una quantità incalcolabile di moti interiori. Il figurativo informale ed astratto di questa donna dal talento artistico puro si presenta sovente a "livelli sovrapposti", sia in termini cromatici che paesaggistici, con scene che, un po' come nei nostri sogni, fondono inconscio, subconscio e anima in modo mirabile. Nei dipinti l'insieme svela con intrigante garbo particolari che ne sono parte integrante e lo valorizzano. Un paio di quadri mi hanno strappato la definizione di "Picasso un po' meno disordinati", una divagazione divertente e forse un po' dissacrante per entrambi, giacché Carla non imita né emula ma semplicemente crea. Il bello della diretta.

Tra le cose più interessanti c'è il fatto che spesso, o quasi sempre, il percorso interiore che anima tele e tavole mostra paure, angosce e dubbi dell'universo femminile e nel contempo le armi per vincerli, come avviene per le maschere che sono quasi dominate, tenute tra le mani, come fossero state sconfitte e quindi dismesse oppure addirittura mai indossate. La figura della donna è spesso collocata nelle barche "a mandorla" che, come ha sostenuto la Ciaffarini, solcano "i mari, gli oceani del desiderio". La femminilità, proposta anche in diversi autoritratti, è prevalente e vive di tutte le possibili sensazioni e della ridda di sentimenti e stati d'animo, Amore compreso ovviamente, che si coalizzano nella normale quotidianità nel tentativo di conquistare la Libertà. I colori non intaccano la grande eleganza nemmeno quando sono assai vivaci ed i tratti dolci e "morbidi" accolgono senza patire scossoni elementi decisi e forti che definiscono ancor meglio le emozioni che stanno alla base del lavoro.

Le sculture sono tutte molto belle. Si va da momenti di intimità e condivisione interiore, con maternità e coppia, lì dove troviamo anche la figura maschile, passando per scene di introversione e solitudine che rapiscono l'osservatore. Diverse tra esse sembrano letteralmente in movimento: osservandole per diversi secondi è possibile ricostruire ciò che è avvenuto prima e dopo di quella sorta di "fotogramma" fermato per sempre nel Tempo. Ecco, l'altro protagonista dell'arte della Cerbaso è proprio il Tempo, rappresentato nei quadri non solo nei "movimenti" dei soggetti ma anche dalle fatidiche lancette, sapientemente inserite qui e là come ulteriori "livelli" in modo assai significativo. Il Tempo è "il nostro limite più amaro", ma l'Arte è uno degli strumenti più potenti per superarlo e, chissà, sconfiggerlo, come ha evidenziato ancora la Ciaffarini.

Arriviamo così alle poesie. Il libro che è stato presentato ne è una raccolta ed è intitolato "Come le barche stanche della calma". Emblematico. Lo stile è disinvolto, non rimato ma invece, oserei dire, ritmato. Le righe dipingono, scorrevoli e piacevolmente narrative, le sensazioni che le hanno generate.In "Anima e corpo" la parte finale recita: "La natura mi tocca come un amante intenso e sensuale, mi fa sentire viva, comprendo che non vi è vita senza attesa ma vi è una vita che attende". In "Un altro Natale" c'è un passaggio struggente: "E' tutto un bisogno inconscio, o conscio, di ripetere noi stessi nell'illusione di un Infinito (...)". Contatto con gli affetti e con la Natura, necessità di abbattere steccati e muri e di "tagliare i fili" dei burattinai che governano il Mondo, sentimenti umani che spaziano dal dolore alla felicità, dall'angoscia alla fiducia, dalla concretezza al sogno. Nelle ultimissime righe degli scritti l'autrice è regolarmente e ripetutamente capace di sintetizzare e ribadire il senso dell'intero testo, fissando nella mente del lettore il vissuto, l'immaginato ed il sognato che esso contiene.

Ce n'è una sul Rigopiano, che tutti ricordiamo tristemente, nella quale ad un certo momento si legge: "Comprendi che l'orco delle favole che avevi dimenticato è lì, in agguato". Poi però emerge il "sacrificio di quelle mani bramanti vita che lottano per la possibilità remota ma pur sempre possibile di ricondurre alla luce". Particolarmente toccante, infine, quella dedicata al padre che apre la raccolta.

Sono solo pillole di questo bellissimo lavoro, semplici cenni di tutta una serie di percorsi di vita dai quali, al di là ed oltre la fluidità e la bellezza dell'eloquio, c'è molto da imparare.

L'IO per tre di Carla Cerbaso ne ha fatta di strada, da quel 2011 quando iniziò con le sue personali e con la partecipazione alla XIX edizione del Premio D'Annunzio in occasione del quale ottenne subito un riconoscimento, e in soli sette anni ha scolpita, scritta e dipinta una storia molto già importante, a dispetto della giovane età, alla quale calza alla perfezione la definizione di "Complessa armonia", fatta anche di tanti premi. Meritati.

Qualche parola va spesa per Maria Gabriella Ciaffarini che ha presentato tutto in modo raffinato, passando da concetti semplici fino ad illustrazioni filosofiche, storiche e tecniche che testimoniano della sua grande conoscenza ma anche la pressoché illimitata stima per questa interprete. Scelgo due definizioni: costruttiva e istruttiva.

C'è tempo fino a domenica 19 agosto per visitare la mostra ed acquistare quel bellissimo libro che vale davvero la pena di leggere.

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