Congiure, delitti, San Pardo ed amori (postumi): Dumas padre ed il romanzo ambientato a Larino

Location gio 06 settembre 2018
Cultura e Società di Claudio de Luca
3min
Il convento dei cappuccini ©https://www.pinomiscione.it
Il convento dei cappuccini ©https://www.pinomiscione.it

LARINO. Una congiura avvenuta nel centro frentano eliminò l’ultima parvenza di soggezione feudale nella Città. Del lato romantico degli eventi si impadronì la fantasia di Dumas che pure fondava la propria ricostruzione su di una serie di documenti storici. All’epoca, nella Comunità, operava un patriziato locale, composto da nobili di provincia riuniti in 6-7 Famiglie (i de Cornacchiellis, i Sorella, gli Espinosa, i de Raimondi, i de Obscuris, i de Palma e – probabilmente – i de Misseriis e i de Scimato). Presentemente, fatta eccezione per i Palma, tali nuclei sono scomparsi; ma, all’epoca, erano formati soprattutto dai componenti cadetti che vi militavano in ossequio all’allora vigente principio del maggiorascato. Nella seconda metà del Seicento, il Patriziato locale, approfittando della lontananza del potere regio (che teneva Corte a Madrid), assunse l’iniziativa di spazzare definitivamente il simbolo della giurisdizione feudale nella Città molisana; ed il 1° di maggio del 1679 don Francesco Carafa, debitamente scortato mentre tornava dal suo feudo di Campomarino, venne affrontato nei pressi del Convento dei Cappuccini di Larino.

Due ‘scoppettate’, esplose dall’Abate de Cornacchiellis e da don Raimondo de’ Raimondi, lo uccisero. Il cadavere fu riportato in Città dalle mule della lettiga. Poiché il delitto si era verificato nei pressi del succitato luogo sacro v’è stato chi ha pensato che i congiurati avessero – se non l’appoggio – quanto meno la connivenza dei Fraticelli e del Clero. La Famiglia Carafa rispose subito ai ribelli, aprendo un procedimento davanti alla Corte di giustizia di Lucera. Per una diecina d’anni le rappresaglie furono continue, al punto che gli stessi Vescovi preferirono trasferire la propria Sede a Serracapriola. I congiurati si dispersero mentre la consorteria dei Palma si era asserragliata, con un centinaio di uomini, nella Torre dell’Episcopio. Qualche tempo dopo, approfittando dei festeggiamenti in corso per la festività di S. Pardo, l’Abate de Cornacchiellis riuscì a defilarsi, mescolandosi indisturbato alla folla dei carrieri, travestito da frate.

Il 10 di ottobre (come ‘inventerà’, poi, con sbrigliata fantasia, il Dumas padre), donna Isabella Sorella, consorte di don Antonio Palma, mentr’era affacciata ad una finestrella del Palazzo, venne attinta da un colpo di archibugio di un soldato appostato nella Torre dell’Episcopio. La donna era agli ultimi mesi di gravidanza, e fu soccorsa dal marito (ch’era un noto medico). A seguito del parto cesàreo, venne alla luce un bambino che, però, rimase in vita soltanto poche ore. Invece, il romanziere francese lo fece sopravvivere ne “Il Regno insanguinato”; e, addirittura, operando un salto di oltre 100 anni, gli mutò il nome in Palmieri e lo fece partecipare ai moti della Repubblica partenopea (1799), rendendolo protagonista della storia d’amore con Luisa Sanfelice. Nell’anno successivo alla rivolta venne fuori la sentenza della Corte lucerina con èsiti che, non potendo avere effetto sulle persone, colpirono solamente i monumenti-simbolo degli eventi. E così il Torrione dell’Episcopio (al cui interno s’erano svolte tante vicende militari) venne abbattuto per ordine della Regia Corte. Fu così che la Città di Larino raggiunse il definitivo affranco dai feudatari: i Carafa cedettero i diritti vantati ai de Sangro che – a loro volta – dopo controversie e compromessi addivennero ad un atto di abdicazione con il ‘Parlamento’ larinese. Nella sostanza, i duchi, ch’erano feudatari in Casacalenda, quando operavano in Larino erano semplicemente dei “primi inter pares”.

La presente ricostruzione, contenuta in uno studio di Giuseppe O. de Gennaro, già Sindaco di Larino negli Anni ’60, è stata posta nella nostra disponibilità dal dottor Berardo Mastrogiuseppe ed utilizzata anche da Giuseppe Mammarella, studioso di cose locali. Gli avvenimenti vanno inquadrati, storicamente, nei prodromi di quel vasto movimento dottrinario e rivoluzionario che doveva portare all’abolizione della feudalità nel Regno. Esso appartiene (soggiungiamo noi, sia pure con le ‘fantasie’ esibite dal romanziere francese Dumas) alla migliore storia nazionale del periodo, costituendo una bella pagina di Storia frentana che è pur ricca di fasti millenari.

Claudio de Luca

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