«I so’ nate a Tèrmële»

Il vernacoliere lun 05 novembre 2018
Cultura e Società di Michele Trombetta
8min
L'avvocato Angelo Marolla ©Termolionline.it
L'avvocato Angelo Marolla ©Termolionline.it
Angelo Marolla

TERMOLI. Avendo constatato che l'idea è piaciuta ai nostri lettori, perché non dare la possibilità di continuare con la cultura tradizionale in vernacolo che è, per dirla con il titolo del libro dell'autore, "i Radechélle" della cultura termolese?

Oltre 3.800 visualizzazioni su “Termolionline”, circa 1.700 visualizzazioni sul profilo Facebook dell’intervistatore, centinaia di “inoltri”: questi i numeri del successo dell’iniziativa del nostro giornale a proposito del premio “Città di Bassano del Grappa”, ricevuto dal libro “I Radëchélle” di Angelo Marolla, con pubblicazione dell’intervista dell’autore, video e foto. Come dicevamo, ci è venuto allora il desiderio di “continuare l’incontro” con l’autore del libro per capire meglio i motivi di tanto interesse e per approfondire il “messaggio” che il libro vuole trasmettere.

Avvocato, come spiega l’interesse che hanno suscitato l’intervista ed i video pubblicati dal nostro portale?

"Ho ricevuto tanti messaggi di stima e congratulazioni da parte di molta gente e di apprezzamento per i miei racconti e le poesie. Vorrei rispondere alla domanda riprendendo uno di questi messaggi. Mi scrive un amico che vive a Milano: “Caro Angelo, ti ringrazio per l’emozione provata nell’ascoltare le tue poesie. Dobbiamo assolutamente batterci per non perdere, con la poesia dialettale, le profonde radici della nostra origine. E c’è da aggiungere, a proposito dei dialetti di tutto il territorio nazionale, che la poesia anche se recitata in vernacolo, e quindi non comprensibile alle altre diversità dialettali, si capisce benissimo perché comunicata col linguaggio del cuore. Vedi “’Na mamme”, semplicemente struggente e commovente”. Credo che queste parole di Pier Silvio, un termolese che per di più vive altrove, in una grande città, spieghino bene l’origine dell’interesse."

Nella sua presentazione del libro c’è un passaggio, ripreso poi nella quarta di copertina, in cui dice: “Scrivo in dialetto perché è la lingua che dice di un’appartenenza: a queste mura, a questo mare, a queste strade, a questi grandiosi monumenti, perfino a questo vento, a questa gente, al popolo, purtroppo ormai sparuto che siamo; ed alle sue tradizioni, alla sua storia, alla sua vita, nel cui flusso, nascendo, sono stato immesso. Questa vita voglio scoprirla sempre di più, andando al fondo delle stesse espressioni popolari usate per descriverla. Il dialetto nasce dal cuore, dal sangue, di chi ama il paese in cui è nato”. È proprio così. Ma tutto questo non è una inutile -e perfino dannosa- nostalgia. Dico ancora, infatti, nella stessa presentazione: “Non voglio rimpiangere, ma desidero vivere cosciente di ciò che mi porto dentro, dei valori che mi sono stati insegnati e tramandati: essi nascono dalla vita, dalla vita di un popolo a cui sento di appartenere “. Ed ancora: “Quella vita ha permesso che si creasse, a partire dal ‘vicinato’ la trama di rapporti, la solidarietà e che si esprimesse, anzi, la ‘carità cristiana’, che hanno dato origine a quella Termoli che abbiamo imparato ad amare e che vorremmo vedere rifiorire”. I segni di questo sono ancora visibili. Un esempio: mia madre, come dice lei stessa, ironicamente, è molto avanti negli anni. Nella casa vicino alla sua vivono, da sempre, tre sorelle; loro madrina di battesimo fu mia nonna materna. Esse continuano a “vigilare” sulla loro “cummäre” e a portarle fiori e frutta della loro campagna, come, una volta, le portavano le alici delle barche dei loro mariti. Così si viveva, come dico anche nel mio racconto breve “I so’ näte a Tèrmële”, nella Termoli soprattutto del Borgo Vecchio. Allora: perché non recuperare, a partire dal vicinato, quella solidarietà che i nostri nonni ed anche i nostri genitori vivevano? Spesso, invece, nei “palazzoni” di oggi nemmeno ci si conosce o, al più, come suol dirsi, ci si limita al “buon giorno e buona sera”!

Termoli è una città che ha subito un forte “inurbamento” da paesi dell’entroterra molisano ma anche da altre parti d’Italia. I Termolesi di origine sono ormai una minoranza. Come vede il rapporto tra questi ultimi e chi si è trasferito nella nostra città?

"Mi permetta di richiamare ancora la mia presentazione del libro, laddove dico: “Sono certo, però, che anche i ‘nuovi termolesi’ hanno imparato e impareranno sempre più ad amare questo paese, come noi, che lo siamo da generazioni o da sempre”. Ma si impara se si conosce e si conosce se c’è qualcuno che insegna. Occorre allora che la storia, le tradizioni, la cultura di Termoli siano fatte conoscere: solo allora si imparerà ad amarle. Anche a questo proposito voglio fare un esempio. Stimolate da un Premio di poesia dialettale – Sezione ragazzi, qualche anno fa alcune insegnanti di una scuola primaria dell’infanzia (una volta si diceva scuola elementare) mi invitarono a tradurre in vernacolo le poesie che i loro alunni avevano scritto in italiano. Io lo feci, ma chiesi di poter incontrare quei bambini perché il lavoro di traduzione fatto non calasse sulle loro teste come qualcosa di estraneo, ma li coinvolgesse e le parole e la loro origine fossero capite; desideravo insomma che il mio lavoro diventasse il loro lavoro. E così un giorno mi recai a scuola e per prima cosa chiesi quanti bambini appartenessero a famiglie termolesi di origine. Erano pochi. Chiesi allora da dove venissero le altre famiglie. Soprattutto da paesi molisani dell’interno o da regioni limitrofe. Chiesi ancora se loro si recassero a trovare i nonni in quei paesi. La maggior parte rispose di sì. Dalla domanda su come fossero fatti quei paesi e come vivessero i loro nonni emerse una naturale somiglianza tra la vita in quei paesi e quella, almeno di una volta, del nostro paese vecchio, con la solidarietà tra le famiglie, l’amicizia e la compagnia tra i vecchietti e così via. Alla domanda se ritenessero che tutto quello fosse bello, risposero di sì.

Feci capire, con parole adeguate alla circostanza, che tenere alle proprie origini, lungi dal dividere le persone, favoriva l’incontro, perché comune è il sentire, anche se si esprime in forme diverse, perché tutti abbiamo le stesse esigenze di amicizia, di bellezza, di compagnia, di sperimentare la bontà. E nei piccoli borghi questo era evidente. Per questo non dobbiamo perdere le nostre radici. I bambini compresero ed anche una maestra, proveniente da un paese vicino Termoli, mi confessò che, prima dell’incontro, era piuttosto sulla difensiva rispetto all’idea dell’interazione tra la sua cultura di origine e quella del Paese in cui era approdata per motivi di lavoro, ma che attraverso l’incontro ne aveva compreso l’importanza."

A chi spetta il compito di promuovere l’educazione e la conoscenza di cui parla?

"Ricordiamo che, in generale, il primo soggetto a cui spetta il compito educativo è la famiglia. Da questo punto di vista, direi che l’auspicio è che coloro che, avendo assimilato nella propria esistenza, attraverso l’educazione ricevuta ed i rapporti vissuti, quel modo di rapportarsi che richiamavo, improntato alla solidarietà, sappia mostrare concretamente nella propria vita “di che pasta è fatto”. Poi vi è il compito, assunto liberamente, da quelle che una volta si chiamavano le “comunità di base”, cioè da quelle libere aggregazioni di persone – gruppi, associazioni, soprattutto culturali – che vogliano valorizzare e promuovere la cultura e le tradizioni locali. Ma, rispetto a tali libere iniziative, si pone la responsabilità politica delle istituzioni, che sono chiamate a valorizzare ciò che è vivo nella società civile, favorendone l’espressione. Politica è ciò che ha a che fare con la “polis”, termine greco che indica la città, in cui vive un popolo. A proposito della politica, ricordo il lodevole intervento, che risale al 2010, dell’Assessorato alla cultura del Comune di Termoli, che propose alle scuole l’iniziativa proprio dal titolo “Conoscere Termoli”, tesa a far approfondire agli alunni tematiche come la storia, la cultura, le tradizioni, la lingua di Termoli. L’iniziativa ebbe un’accoglienza entusiasta da parte di alcune scuole, fredda o tiepida da parte di altre. Ma dovrebbe essere proprio la scuola a dover favorire, attraverso la didattica, la conoscenza della storia e della cultura del luogo. Per finire, ci sono anche le iniziative personali, che vanno anch’esse riconosciute, valorizzate e sostenute adeguatamente.Proprio sotto il profilo della conoscenza e dell’insegnamento, voglio sottolineare l’importanza del Corso sulla Storia di Termoli tenuto da Oscar De Lena, che è anche Presidente dell’Archeoclub, all’UNITRE – Università delle Tre Età e, tra gli altri, del libro di Antonio Smargiassi, con cui condivido l’esperienza dell’Associazione Culturale “Andrea di Capua”, “Storia di Termoli”. Parlava dell’iniziativa “Conoscere Termoli”.

Ricordo che, all’epoca, si scatenò in proposito un acceso dibattito culturale sulla stampa, con interventi di molte persone, tra cui Lei.

È vero, le acque furono molto agitate, tra favorevoli e contrari all’iniziativa. I contrari ridussero la proposta, che era molto articolata e prevedeva approfondimenti storici e culturali, al solo insegnamento del vernacolo e si schierarono contro, intendendo negare, a mio avviso, nella sostanza, a Termoli una sua identità. Quando in tutta Italia sorgono, invece, iniziative, come quella di Bassano del Grappa, tese proprio a salvaguardare le forme dialettali! Credo sia inutile rivangare il passato. Si tratta di guardare avanti in uno spirito di vera multiculturalità, come dicevo in una breve “piece teatrale” a due voci, che scrissi nell’occasione, dal titolo “Vogliono rubarmi il mio volto”. È riportata nell’appendice de “I Radëchélle".

A proposito de “I Radëchélle”: chi non conosce il libro, dove può trovarlo?

"Nelle edicole e nelle cartolibrerie che hanno accettato di averlo e che dovrebbero avere esposta la locandina."

Ci regala la lettura di un racconto in vernacolo?

"Volentieri. Per rimanere in tema, leggerò “I so’ nate a Tèrmële”.Grazie per l’attenzione dimostratami da “Termolionline” e da tutti i suoi lettori."

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