Speculazioni politiche e finanziarie, Europa al bivio
TERMOLI. Speculazioni politiche e speculazioni finanziarie. Nessuno avrebbe mai immaginato che dopo lo sforzo globale (o quasi) per contrastare la pandemia e gli effetti del Covid, costato milioni di vite e sofferenze indicibili, l’ideale fronte comune avrebbe partorito invece nazionalismi e appetiti esasperati e per alcuni versi efferati.
Speculazione perché: sia privati con enorme capacità di incidere, che Stati dalla parte del martello più che incudine, hanno deciso di stringere d’assedio mercati e consessi internazionali.
Sotto scacco la politica mutualistica che negli ultimi decenni era stata capace di seminare un periodo di tregua che ha cominciato a vacillare con la crisi economica, poi l’emergenza sanitaria ha dato il colpo di grazia.
Disancorare la finanza dall’economia reale, un po’ come fatto quando si abbandonò la parità aurea nei cambi, ha determinato una eccessiva volatilità sui mercati, rendendo ogni sorta di asset famelicamente preda degli avvoltoi di turno.
Dopo lo “smacco” da 200 miliardi di euro che la Germania ha messo sul tappeto, come fa un croupier nel banco di una roulette, significa scommettere se le fondamentale dell’Unione europea possano reggere a un simile colpo.
Addio alla concorrenza leale, ammesso che sia mai esistita.
Siamo tutti costretti a seguire regole e regolette, ma ai più alti livelli stiamo imparando che fanno un po’ come vogliono.
È questo il quadro che emerge dalle ultime cronache comunitarie, dove la solidarietà s’infrange sugli scogli degli interessi sovrani, mentre una guerra sta lacerando le prospettive che tutti avevano col recovery fund.
Economia di guerra quella a cui ci stiamo abituando, non solo come locuzione, ma come approvvigionamenti di beni indispensabili e quella risorsa chiamata energia che è il motore di tutto.
Ma il rischio più concreto è che si spenga la luce nella cabina di regia, l’Europa rischia di non sopravvivere come istituzione ed entità sovranazionale.
“La crisi energetica richiede da parte dell’Europa una risposta che permetta di ridurre i costi per famiglie e imprese, di limitare i guadagni eccezionali fatti da produttori e importatori, di evitare pericolose e ingiustificate distorsioni del mercato interno e di tenere ancora una volta unita l’Europa di fronte all’emergenza. Davanti alle minacce comuni dei nostri tempi, non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali. Nei prossimi Consigli Europei dobbiamo mostrarci compatti, determinati, solidali - proprio come lo siamo stati nel sostenere l’Ucraina», queste le parole del premier uscente Mario Draghi, solo pochi giorni fa, pronunciate da chi al culmine della tempesta monetaria di una decade fa disse “Whatever it takes”, blindando il futuro dell’euro e dell’Unione europea.
Ma lo scenario è completamente sovvertito rispetto ad allora.