Il "ritardo" accumulato nelle scelte ha ragioni di "sistema"
TERMOLI. Secondo fine settimana consecutivo senza alcun annuncio da parte della coalizione di centrodestra, che complici le presenze istituzionali al Vinitaly di Verona da parte di metà della Giunta regionale, soprattutto col governatore Roberti e l'assessore Marone, commissario della Lega in Molise, vedrà rimandato a domani (stasera è previsto il loro rientro in Molise).
Con ogni probabilità, sarà lo step decisivo per decidere la candidatura sul comune capoluogo, snodo imprescindibile anche per ufficializzare quello che tutti già sanno accadrà sulla costa, ossia la designazione dell'assessore all'Urbanistica Nico Balice a candidato sindaco di Termoli. Non c'è più molto tempo, infatti, quella che fino a poche settimane fa appariva tempistica ancora pingue per mettere assieme i pezzi, ora comincia a diventare corta, col fiato sul collo del calendario.
Ma in attesa che per Palazzo San Giorgio la fumata possa diventare bianca, è inevitabile porre una riflessione, quella della crisi delle dinamiche interne alle coalizioni tradizionali, e non riguarda questo aspetto solo il centrodestra, ma anche il centrosinistra, basti vedere cosa è accaduto proprio in riva all'Adriatico.
Una crisi dettata dall'assenza di radicamento dei partiti sul territorio, slegato da attività portate avanti assieme alla gente, ma funzionali solo a puntellare gli assetti nelle istituzioni, una lunga deriva che parte da quando gli eletti, poco dopo l'avvio della Seconda repubblica, hanno preso a mano a mano il sopravvento sulle segreterie di partito e questo proprio tra i conservatori, definiamoli così, è stata l'evoluzione più evidente. Non è solo un difetto nella selezione e nella formazione della classe dirigente, ma è proprio il modus operandi che personalizza ed esaspera ogni confronto, trovando poi sfogo anche nelle gestioni più personalistiche del potere amministrativo. Governabilità e stabilità devono essere certamente elementi imprescindibili, ma occorre avere basi più profonde nella costruzione dei perimetri delle alleanze, molto spesso castelli di carta basati sul consenso di quel momento storico.