In Molise vince il «si stava meglio quando si stava peggio»
TERMOLI. La corazzata si è rivelata inaffondabile e nemmeno un cacciatorpediniere di ultima generazione è riuscito nell’impresa di abbordarla. Non è un remake in salsa molisana di Battleship, ma il bastimento politico di una regione, il Molise, che vive di espedienti: si stava meglio quando si stava peggio. Non possiamo trovare migliore formula o locuzione per identificare e rivelare quanto accaduto ieri, dalle 7 alle 23, quando quasi il 44% degli eventi diritto ha sostituito l’effigie di Michele Iorio con quella più casual di Donato Toma, che ha avuto il record di non indossare mai una cravatta in campagna elettorale, restituendo al centrodestra, voti, suffragi, candidati amministratori e moderati, dopo il ratto della Sabina del 2013, quando tutti salirono sull’allora diligenza dirompente di Frattura & Co.
Affermiamo questo, senza alcuna tema di smentita, poiché al di là del candidato Governatore da nouvelle vague, i volti e le facce che siederanno in Consiglio regionale, tra scranni di giunta e da consiglieri, più o meno sono sempre quelli.
Alla faccia della rivoluzione. Ci siamo sbagliati, in Molise tutto va bene madama la marchesa. E il centrosinistra? Mah, vittima di se stesso, vittima di personalismi e di guerre fratricide. Sarà complicato rimuovere tante macerie e ricostruire.
Il centrodestra ci è riuscito quasi per caso, un po’ grazie a Renzi, che ha rottamato tutto ciò che aveva messo in piedi, con un effetto travolgente, un po’ grazie alla nuova stella di Salvini e al marpione Berlusconi, che avrà convinto più di un molisano che la promessa di acquisto della casa in caso di vittoria fosse la propria, si sa il mercato immobiliare è fermo.
Il Molise è indigesto al Greco, preferisce il Latino, lingua morta da riesumare in un Toma.