Matteo Giambattista, morto sul lavoro oltreoceano un secolo fa

molisani nel mondo mer 06 novembre 2019
Flash News di La Redazione
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Il ponte sull'Oswego Canal ©Ambasciatori della fame
Il ponte sull'Oswego Canal ©Ambasciatori della fame

GUARDIAREGIA. Ancora una storia di emigrazione molisana dall'associazione "Ambasciatori della fame", che ci ricorda stavolta di come non tutti coronarono con fortuna il “sogno americano” ma tutti meritano, per quanto possibile, di essere ricordati.

Matteo Giambattista nacque a Guardiaregia (CB) in contrada Cauzato, il 15 gennaio del 1880, da Biase (trentasettenne “contadino” figlio di Antonio e Maria Albanese) e Maria Cristina Meola (trentenne “contadina” figlia di Michelangelo e Anna Albanese). L’atto di nascita di Matteo fu registrato dinanzi a Francesco Meola l’allora Sindaco di Guardiaregia. I genitori di Matteo si erano sposati il 1 novembre del 1874. Matteo decise di emigrare rivolgendosi ad una Agenzia di Campobasso. Sbarcò ad “Ellis Island”, nel 1903, dopo aver attraversato l’oceano sulla nave “ Phoenicia” (costruita nel 1884 e demolita nel 1937 trasportava fino a 2.060 passeggeri).

Matteo all’inizio lavorò in varie miniere. Nel 1906 trovò occupazione a Syracuse, contea di Onondaga, nello Stato di New York. Lavorava per una ditta che effettuava manutenzioni sull’Oswego Canal, North Salina St., di Syracuse (un canale lungo quasi 39 chilometri) quando, per cause mai realmente accertate, cadde in acqua. Era il 3 settembre del 1908 e ogni soccorso risultò inutile. Come sempre accadeva l’incidente sul lavoro fu archiviato come “accidentale” (questa la laconica conclusione a cui pervenne il “coroner” A.M. Willer). Matteo fu sepolto al “Saint Agnes Cemetery” di Syracuse, il 7 settembre, tra il commosso affetto dei numerosi italo-americani. L’anno successivo la madre, Maria Cristina Meola, si recò in comune, il 10 gennaio del 1909, per chiedere di certificare la morte del figlio. Portava con se i documenti inviatigli dalla “Agenzia Consolare di S. M. il Re d’Italia” di Albany (N.Y.). Finiva così, in tragedia, il “sogno americano” del povero Matteo.

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