Assistenza sanitaria negata ai detenuti di Campobasso, Di Giacomo commenta

diritti lesi mar 28 gennaio 2020
Flash News di La Redazione
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Carcere di Campobasso ©Campobassoweb
Carcere di Campobasso ©Campobassoweb

CAMPOBASSO. “Il Garante nazionale dei detenuti, di solito sempre pronto ad intervenire su tutto, questa volta continua ad ignorare la drammatica situazione che si registra nel carcere di Campobasso, dove sono negati i diritti elementari di tutela della salute dei detenuti, innanzitutto a causa della carenza di personale medico ed infermieristico. Al terzo giorno di legittime proteste degli stessi detenuti, ai quali è impedito ogni possibilità di analisi cliniche e visite specialistiche, mi vedo costretto a sostituire il Garante a riprova che la nostra iniziativa è sempre rivolta all“emergenza carcere” che tocca direttamente il personale penitenziario come i detenuti, con le dovute differenze ma senza distinzione”.

Lo sostiene il segretario generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria Aldo Di Giacomo che ha inviato una lettera aperta al Garante dei Detenuti e per conoscenza ai Ministri di Grazia e Giustizia Bonafede e alla Salute Speranza. “Il “caso Campobasso” è emblematico e al tempo stesso significativo dei problemi che riguardano l'assistenza sanitaria della popolazione carceraria di tutti gli istituti penitenziari italiani. Si sottovaluta che due detenuti su tre sono malati e che sono in aumento Hiv e tubercolosi. Si stima che – riferisce Di Giacomo- gli Hiv positivi siano circa 5.000, mentre intorno ai 6.500 i portatori attivi del virus dell'epatite B. Tra il 25 e il 35% dei detenuti nelle carceri italiane sono affetti da epatite C: si tratta di una forbice compresa tra i 25mila e i 35mila detenuti all'anno.

Risulta poi dai dati ufficiali del Ministero della Giustizia che un terzo della popolazione sia straniera, e, con il collasso di sistemi sanitari esteri, con il movimento delle persone, si riscontrano nelle carceri tassi di tubercolosi latente molto più alti rispetto alla popolazione generale. Se in Italia tra la popolazione generale si stima un tasso di tubercolosi latenti, cioè di portatori non malati, pari al 1-2%, nelle strutture penitenziarie sono stati rilevati il 25-30%, che aumentano ad oltre il 50% se consideriamo solo la popolazione straniera. La situazione – commenta il segretario del S.PP. - è ancor più preoccupante in quanto, secondo i medici, un detenuto su due risulta essere tubercolino positivo e questo sottintende una maggiore circolazione del bacillo tubercolare in questo ambito.

È, quindi, indispensabile effettuare controlli estesi in questa popolazione, perché il rischio che si possano sviluppare dei ceppi multi resistenti è molto alto, con conseguente aumento della letalità nei pazienti in cui la malattia si sviluppa in modo conclamato. In questa situazione – conclude Di Giacomo – è intollerabile che si parli solo ed esclusivamente di assicurare i LEA (Livelli essenziali di assistenza) ai detenuti escludendo il personale penitenziario, continuando a sottovalutare i rischi. Per questo le promesse del Ministro Speranza per rafforzare i servizi della sanità carceraria devono tradursi in fatto coinvolgendo le Regioni a cui sono delegate specifici compiti che non riescono ad assolvere per carenza di personale e di fondi”.

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