Quanto pesa l'occupazione Fca in Italia? Il rapporto della Fismic al Senato

Documenti ven 05 gennaio 2018
Lavoro ed Economia di La Redazione
4min
Fismic ©TermoliOnLine
Fismic ©TermoliOnLine

TERMOLI. Un documento molto interessante, quello che la Fismic ha depositato al Senato della Repubblica nelle scorse settimane, prima dello scioglimento delle Camere da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, un contributo alla Commissione Lavoro del Senato sul contributo occupazionale della Fca in Italia. Non occorrerebbe nemmeno ricordare come questo cosmo sia in linea con quello molisano, grazie alla presenza dello stabilimento di contrada Rivolta del Re. «Senza tornare indietro al 2004, anno di arrivo dell’Amministratore Delegato Sergio Marchionne e anno in cui la Fiat era virtualmente fallita e avrebbe dovuto portare i libri in tribunale, possiamo riportare il 15 giugno 2010 come momento di svolta per il mantenimento del settore Automotive nel nostro Paese. Infatti, in quel giorno, viene raggiunto il fondamentale accordo per la ristrutturazione dello stabilimento di Pomigliano che ha rappresentato la vera chiave di volta per il rilancio del settore Automotive in Italia e, che avrebbe potuto rappresentare insieme all’Art.8 del D.Lgs del 13 Agosto 2011, una svolta per il settore manifatturiero italiano. E’ di quel giorno l’accordo che disegna nuove relazioni industriali basate sul principio “maggiore produttività, maggiore retribuzione”.

A quell’accordo sono seguiti l’uscita della Fiat da Confindustria, la nascita del Contratto Collettivo Specifico di I° livello ed il merger tra Fiat e Chrysler che ha portato all’odierna Fca. In questi anni la Fca ha investito molti miliardi di euro in innovazioni tecnologiche ed organizzative che la rendono all’avanguardia tra i sistemi produttivi del mondo. E’ stata portata in Italia, dalla Polonia, la produzione della Panda che ha permesso il salvataggio di milioni di posti di lavoro nel Mezzogiorno e, grazie all’impegno di quei lavoratori, lo stabilimento G.B. Vico di Pomigliano è oggi tra gli stabilimenti più produttivi al mondo ed è candidato, entro i prossimi due anni, a produrre un nuovo modello del segmento Premium. Grazie a questi investimenti, nel 2012 è stato inaugurato il nuovo stabilimento Maserati a Grugliasco che nasce dalle ceneri della ex fabbrica Bertone, che fu in stato di sostanziale chiusura nei sei anni precedenti. Anche nello stabilimento di Grugliasco sono stati salvati almeno 2.000 posti di lavoro diretti e circa tre volte tanto nell’indotto. Sempre nello stesso anno, la Fca ha rilevato lo stabilimento di motori di grande cilindrata della VM di Cento che oggi occupa oltre 1.000 lavoratori che, senza tale acquisizione, avrebbero avuto una sorte incerta. Il piano industriale ha permesso allo stabilimento italiano di Melfi di essere il primo al mondo a produrre una vettura di marchio Jeep al di fuori dei confini USA. Questa produzione, destinata principalmente all’esportazione, ha consentito nel 2015 di assumere oltre 3.000 nuovi dipendenti a tempo indeterminato in Basilicata.

A Melfi, inoltre, si produce la 500x, anch’essa destinata in parte all’esportazione, e si sta ancora ultimando la produzione della Punto, in attesa che il nuovo piano industriale indichi quale nuova vettura sarà prodotta. A Mirafiori, la nuova produzione della Maserati Levante si affianca a quella dell’Alfa Romeo Mito riportando a lavoro migliaia di lavoratori che utilizzavano ammortizzatori sociali a zero ore lavorate. Nel 2016-2017, con un ritardo di un anno rispetto al piano industriale, anche lo stabilimento di Cassino è andato verso la piena occupazione uscendo da un lungo periodo di utilizzo di ammortizzatori sociali e assumendo circa 1.000 giovani con contratto di somministrazione. Per circa la metà di questi giovani, l’attuale congiuntura negativa del mercato ha costretto l’azienda a sospendere il rinnovo del contratto di somministrazione, ma grazie ad un accordo sindacale stipulato dalle Organizzazioni Sindacali partecipative, coloro che non sono stati confermati fanno parte di un bacino di riassunzioni ed è prevedibile che nel 2018 essi tornino al lavoro.

Lo stabilimento Sevel di Val Di Sangro non ha mai utilizzato ammortizzatori sociali e continua a ricevere record produttivi, assorbendo centinaia di nuovi occupati. Anche gli stabilimenti di meccanica, di produzione di cambi e motori hanno avuto in questi anni il termine dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali e diverse centinaia di disoccupati sono stati assunti negli stabilimenti di Verrone, Mirafiori carrozzeria, Termoli ed Avellino. Lo stabilimento FPT di Foggia, inoltre, che produce motori per il Ducato, non ha conosciuto l’utilizzo di ammortizzatori sociali ed ha assunto diverse decine di nuovi occupati. Complessivamente, quindi, è ipotizzabile che il traguardo della piena occupazione per il 2018 previsto dal piano industriale 2014-2017 sia a portata di mano, anche se per essere realizzata a pieno si aspettano le indicazioni che dovranno essere fornite dal nuovo piano industriale che a primavera dovrebbe essere reso noto.

Una particolare criticità che segnaliamo ai Senatori che ci hanno cortesemente invitato, riguarda la numerosa popolazione anziana che è collocata sulle linee di montaggio. Sappiamo bene i vincoli di bilancio, ma pensare che si possa lavorare in catena di montaggio fino a 67 anni e oltre è assolutamente ingiusto e, così come fatto per i siderurgici, occorrono misure di anticipazione del periodo di pensionamento per coloro che sono ancora collocati sulle linee di montaggio, e per le lavorazioni quali, nonostante il progresso tecnologico e la indubbia minor fatica rispetto a venti anni fa, sono gravose ed usuranti. Chiediamo quindi che la Commissione Lavoro del Senato si prodighi in questa direzione anche perché, soprattutto in alcuni stabilimenti come Cassino, Mirafiori e Pomigliano, permetterebbe l’assunzione di migliaia di giovani. La misura di anticipazione della pensione dei lavoratori con maggiore anzianità e impegnati in mansioni usuranti da maggior tempo consentirebbe, inoltre, non solo il ricambio generazionale, ma l’ingresso di migliaia di laureati e diplomati che potrebbero avere un approccio più friendly alle nuove metodologie organizzative e produttive che prevedono un maggior utilizzo degli strumenti elettronici».

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