Il bando langue, «Il Governatore Toma deve difenderci»

Accorati mar 15 gennaio 2019
Lavoro ed Economia di La Redazione
3min
Gilet gialli in Consiglio regionale ©Termolionline.it
Gilet gialli in Consiglio regionale ©Termolionline.it

TERMOLI. Il Comitato degli ex lavoratori dello Zuccherificio del Molise incendia di nuovo la polemica: «Il Molise di oggi propone uno scenario alquanto freddo ma questo non va imputato alle sole temperature. Dopo le primissime immagini del governatore Toma e il suo satellite artificiale davanti ai cancelli del Consiglio Regionale il gelo è quello di volti aspri che sfilano, determinati, corrucciati, a volte disperatamente allegri di operai delusi dalla politica, che vogliono essere risarciti con un rientro al lavoro e la restituzione della propria dignità. Hanno sostato al freddo davanti alla loro fabbrica , lo Zuccherificio del Molise, la stessa che per tante ragioni era diventata la loro seconda casa, quella che avrebbe dovuto accompagnarli ad un "futuro roseo ". Hanno firmato appelli, accettato compromessi, hanno raccontato la loro protesta , mai scabra e brutale, verso la quale si è soffermato rigorosamente un imbarazzante silenzio della governance regionale, scevra da contraddittori costruttivi e costellata da promesse inutili e mai mantenute. Come non ricordare quelle fatte da Facciolla e il suo futuro roseo prima, e da Veneziale e il bando di ricollocamento dopo? La sentenza di fallimento dello Zuccherificio del Molise ratifica una ratio secondo cui non conta la sofferenza dei deboli ma quella del tornaconto regionale, che non deve proteggere l'onorabilità del lavoratore ma quella di un potere politico unilaterale. C'è una enorme disparità di forza: fra chi comanda e chi obbedisce, fra imprenditori e dipendenti. In questo caso tra politica e cittadini, tra il governatore Toma e gli ex lavoratori dello Zuccherificio del Molise. Lo squilibrio costitutivo è dato dal fatto che alle promesse date non è consequenziale l'esercizio al diritto del lavoro.

"2 anni di cassa integrazione, 2 anni di mobilità periodo in cui l'assistenzialismo si è fatto sentire sulla nostra pelle; noi , licenziati da una partecipata regionale, siamo stati privati persino dal diritto di protestare e di gridare il nostro sdegno e la nostra offesa davanti ai cancelli della nostra fabbrica, quella che per tanti anni abbiamo condotto con il nostro sudore. Ci hanno scacciati via cancellando un nome per mettere la parola fine ad una storia, quella saccarifera del Sud Italia. Adesso vogliamo sapere cosa lo Stato intende fare con i suoi cittadini licenziati, disoccupati, oltre l'abisso in cui ci ha portato? Caro presidente Toma, siamo gli operai dello Zuccherificio del Molise, quello diffamato dalla politica, dai soprusi di una economia regionale che non perdona. Noi siamo gli stessi a cui lei ha promesso il ricollocamento nelle fabbriche del Basso Molise, sempre quelli che si ribellano da mesi davanti ai cancelli del consiglio regionale con educazione, con i silenzi, mai violenti. Siamo il confine tra le promesse e la parola data. Perché noi abbiamo creduto nella parola data, confidando nell'onestà intellettuale, perché vale molto di più una stretta di mano che uno scritto. Ma la latitanza del bando Lpu dice il contrario. Ci parla di lavoratori vessati, zittito. La storia recente ci racconta di lavoratori che hanno lasciato scritto "non si può vivere sul ciglio del burrone del licenziamento" a cui purtroppo è seguita la parola fine di una vita.

Noi stiamo denunciando quel ciglio di quel burrone, perché questa non è una pretesa ma un diritto e lei, governatore Toma, ha il dovere sacrosanto di difenderci, tutelare noi cittadini dalla politica che ci ha rottamato, perché parte della sua Giunta è simbolo ed espressione dell'amministrazione che l'ha preceduta,colpevoli e responsabili in eguale misura della cancellazione del comparto saccarifero del Molise. Lei, persona per bene, deve scongiurare lo scontro che travalica i limiti della democratica convivenza civile, perché una assurda è becera politica aziendale non può distruggere decine di famiglie. Perché le promesse delle persone per bene non mantenute sono molto di più di una sconfitta elettorale».

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