“Io credo nella scuola”, ​Matilde Tartaglia in pensione dopo 44 anni di carriera

Il commiato mer 10 luglio 2019
Lavoro ed Economia di Roberto Ciavarella
3min
Matilde Tartaglia ©Rossella De Rosa
Matilde Tartaglia ©Rossella De Rosa

TERMOLI. “Io credo nella scuola”. Non è una frase fatta e nemmeno uno slogan. È un principio, una costante di vita, che ha accompagnato la dirigente scolastica della media Bernacchia-Brigida, Matilde Tartaglia, durante tutta la sua carriera scolastica.

Un fattore determinante, che non ha trovato ostacoli nelle scelte di vita, ma che invece è stato un elemento fondamentale basato su una grandissima passione e determinazione. “Nella mia vita — afferma la preside — non ho mai voluto fare altro. Ho sempre respirato scuola. Una priorità fondamentale della mia vita. Ecco perché oggi mi risulta molto difficile lasciare la scuola”. Sì, perché la professoressa Tartaglia ha chiuso l’ultimo anno scolastico, poiché andrà in pensione.

Una vocazione per lo studio e i ragazzi. Un connubio perfetto, che viaggia all’interno di un contesto molto più ampio: la società. Su questo afferma: “La scuola è stata tanto vituperata ed esaltata nel corso degli anni. Oggi vive un momento di continue contraddizioni. Ma nonostante questo, ci si affida sempre alla scuola: per il discorso della legalità, affettività, benessere fisico e psicologico. Tutto ritorna alla scuola”. Un cardine sociale, intorno al quale si ramificano le problematiche complesse dei giovani.

Proprio per questo, secondo la preside, la scuola deve continuare a essere un punto di riferimento solido. Dove, questo alto livello di durezza, si scontra con la fragilità e la relativa confusione delle tante riforme che hanno riguardato la scuola. Un susseguirsi di cambiamenti che, secondo la Tartaglia, ha portato ad un disequilibrio tra i tre compiti fondamentali che deve svolgere una scuola: istruire, educare e formare. Dei fondamentali che, soprattutto negli ultimi tempi, hanno subito una forte oscillazione che ha toccato, secondo la preside, i loro estremi. Portando ad una errata considerazione di un aspetto importante come l’istruzione. Su questo afferma: “Alcune riforme sono state positive. Perché ci hanno fatto riflettere molto, sull’aspetto umano e psicologico dell’alunno. Il quale non è composto solo da un cervello, ma anche da affettività, desiderio di essere amato e sentimenti. Ma creando uno sbilanciamento, ho incominciato a pensare che, forse, prima c’era qualcosa in più rispetto ad oggi”.

Un’accurata accortezza agli equilibri. Un complesso intreccio di situazioni e necessità umane, che riguardano anche la “sola” gestione di una scuola. La quale deve avere, alla guida, una figura con precise caratteristiche. “Per amministrare una scuola — afferma la Tartaglia — serve preparazione, studio continuo. Questo è fondamentale per gestire le difficoltà che ci sono. Bisogna stare attenti, essere oculati, anche per gestire quella piccola parte economica che comunque c’è. Se si ama la scuola, queste cose vengono da sole. Naturalmente, l’esperienza ci aiuta tanto in questo. Bisogna avere molto buon senso, saper valutare la situazione ed essere autorevoli. Questo è fondamentale. Avere questo spirito immediato, per risolvere i problemi”. Per capire questo, secondo la Tartaglia, bisogna aver vissuto la scuola. Un elemento determinante per un preside. Affinché si riesca a gestire, quel connubio complicato tra burocrazia scolastica e la figura del ragazzo. Il tutto sorretto da una grande autorevolezza. Una caratteristica sempre riconosciuta alla preside Tartaglia.

Lei l’ha riversata anche sui suoi alunni negli anni di insegnamento. Un atteggiamento diretto, a volte anche duro, ma finalizzato a una più ampia possibile esternazione, delle potenzialità degli alunni. Tanto che, “In 44 anni di carriera, ho amato tutti i miei alunni. Anche quando li ho rimproverati. Certe volte l’ho fatto aspramente, ma il mio rimprovero sera sempre finalizzato ad ottenere quello che loro non stavano dando in quel momento. Tutto quello che ho fatto, la collaborazione che ho chiesto ai miei docenti, era per aiutare gli alunni e poi i professori. Gli alunni devono stare bene. Questo non significa dare, essere buonisti e giustificare tutto. Ma fare in modo che tutte le potenzialità di un ragazzo, siano espresse. Ho sempre detto ai miei ragazzi di porsi un obbiettivo, anche piccolo, ma impegnarsi per raggiungerlo. Questo non l’ho fatto attraverso l’imposizione, ma cercando di spiegare le ragioni, i motivi per cui fosse importante”.

Autorevolezza e determinazione, condita da una grande passione per lo studio e i ragazzi. Un principio portato avanti per tutta la carriera e che andrà oltre quest’ultima.

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