Mare e lavoro, nel comparto non si muove nulla

L'analisi mar 17 settembre 2019
Lavoro ed Economia di Antonio Fusco
5min
Il Porto di Termoli ©Termolionline.it
Il Porto di Termoli ©Termolionline.it

TERMOLI. E’passata anche l’estate e un altro anno sta per essere buttato all’aria.

Ancora nessuna novità sincera dalle Autorità regionali sul versante marittimo.

Come largamente paventato dagli esperti del settore, al disinteresse formulato a profusione dalla politica negli ultimi anni nulla, nell’universo marittimo, ha fatto seguito. Proclami rivoluzionari, impegni tassativi e spergiuri vari di diversi esponenti non sono stati l’anticamera di un bel niente se non il condimento di un piatto che continua a servire amaramente la stessa minestra, riscaldata e per giunta troppo spesso indigesta. Uno stallo che sembra fare da corollario a un imperdonabile immobilismo della politica al netto di coalizioni e schieramenti, con un disarmante deserto di proposte e iniziative concrete in grado di stimolare nei fatti un rilancio convinto di un comparto tra i più strategici e vitali dell’economia di questa regione, del sistema produttivo e finanche del patrimonio identitario locale. Un immobilismo deprecabile che ha il demerito ulteriore di aver costretto da tempo remoto settori dell’universo marittimo costiero a stare alla finestra, abdicando da qualsivoglia ambizione o capacità di stimolo o impulso istituzionale e attestandosi nella posizione passiva di chi guarda al mare e al cielo sperando nella clemenza di un essere supremo.

Si è arrivati così alla situazione odierna, tra la delusione di chi aveva riposto nella classe politica speranze forse superiori alle reali possibilità e capacità dell'esecutivo regionale e i desiderata di chi ritiene che anche alle condizioni attuali si possa segnare un deciso cambio di passo nelle tante questioni aperte del pianeta blu.

Tuttavia nel panorama sopra descritto va registrata a onor di cronaca l’iniziativa meritoria di chi, pur al netto della paralisi attuale, si propone attivamente nel ruolo di motore di un cambiamento, non importa se timido o solo in parte convinto e convincente. Iniziative talvolta isolate o comunque non assecondate da una decisa azione unanime del governo regionale e dal sostegno convinto di una politica che abbia a cuore il bene di questa regione, ma che comunque ci sono e per amore della verità devono essere registrate e segnalate con il giusto risalto alla pubblica opinione.

E’ importante ribadire che l’economia del mare, anche detta “blue economy”, costituisce una parte importante dell’economia nazionale. Il complesso di attività cui si fa riferimento parlando della “risorsa mare”,“cluster marittimo” o “blue economy” comprende i servizi di trasporto marittimi, le attività portuali, i servizi ausiliari e di agenzia, l’industria navalmeccanica e la cantieristica navale, la nautica da diporto, la pesca e l’acquicoltura, la ricerca in campo marittimo, nonché gli organismi istituzionali che svolgono attività di difesa, amministrazione, coordinamento, previdenza e sicurezza nel comparto. Dunque oggi il mare va quindi considerato un’importante risorsa che va sfruttata in quanto esso è fonte di ricchezze, tanto che la presenza umana diventa sempre più diffusa.

E’ altresì superfluo ricordare che la lunghezza totale delle coste dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo è di 46.000 Km. di cui 7800 Km. ca. sono le coste Italiane, di cui 33 Km. appartengono ai nostri confini costieri naturali (Molise). Siamo dunque il fanalino di coda e per un tratto così corto non occorre un grande pennello, ossia grandi progetti, ma la capacità di guardare la nostra costa da un capo all’altro e vedere ad occhio nudo i confini del mare e ciò che esso può dare, oltre che alla plastica e a qualche carcassa di caretta-caretta.

Come pure nell’economia del mare vanno ricomprese le attività turistiche costiere con particolare riguardo alle attività alberghiere e della ristorazione e quelle sportive e ricreative. Infine vi sono le attività dell’industria delle estrazioni marine ed attività dei servizi (intermediazione commerciale e attività professionali connesse). Non esiste una definizione univoca di economia del mare e ogni tentativo di perimetrazione delle attività che la contraddistinguono presenta esiti differenti. Ma tutte le differenti visioni individuano, vengono raggruppate in : “Cluster Marittimo, imprese, attività economiche del mare”, universo che purtroppo da noi non è di facile comprensione ed in larga parte ancora sconosciuto, e per questo prolifera un clima di confusione nell’ambiente, impelagato nella nebulosa di una assenza politica che stenta a capire l’universo economico che abbiamo all’orizzonte: il mare, il luogo dove vi è più energia.

Il mare è stato da sempre la principale risorsa per le città che vi si affacciano come veicolo di scambi continui di popolazione, genti e differenti saper fare, innescando processi di sviluppo locale e continua trasformazione del territorio. E per questo che le città di mare hanno una forte identità fondata sulla stratificazione storica della loro lunga continuità di vita e sulla unione della cultura urbana e cultura marittima.

Come pure le città di mare hanno svolto una funzione determinante nella fondazione e nello sviluppo di numerose moderne metropoli, perciò è dunque necessario e prioritario l’ampliamento delle strutture portuali, la rigenerazione delle aree urbane e del water-front. Non è facile spiegare il mare a chi lo guarda e vede solo acqua.

Il porto ha da sempre rivestito un ruolo fondamentale negli scambi commerciali e crocevia di comunicazioni e ha storicamente favorito lo sviluppo delle civiltà, nell'antichità come al giorno d'oggi.

Il Molise è una regione montuosa con un tratto di costa che si affaccia sul Mar Adriatico, dove Termoli rappresenta “Uno sbocco a mare quasi casuale di un posto per cui la costa è un curioso incidente della Storia”(Giornalista Luca Bottura).

Teniamoci pure le nostre “altezze” ma siamo consapevoli almeno che civiltà e sviluppo arrivano a livello del mare.

Quello di Termoli, primo e unico scalo regionale, oggi è solo un porto di passaggio che vorrebbe diventare un porto di approdo. Se anche solo il 10% delle migliaia di turisti si fermasse, la faccia della città e dei suoi dintorni cambierebbero.

Per questo Termoli deve battere la sua inerzia e virare verso la sua nuova identità. A partire dal suo porto già leader nel flusso dei passeggeri. E’dal porto che arriva il rilancio turistico della città e del suo territorio in relazione ai reciproci rapporti, ossia quando le strade invece di dirigersi verso la cattedrale e gli spazi pubblici si orientano verso il porto. Ma nessuno può farlo da solo. «Tutte le settorialità devono cooperare tra loro facendo comunità per evitare l’attraversamento e far sì che i turisti che arrivano a Termoli vi si fermino anziché usarla solo come snodo per spostarsi». Il tutto in una logica di bacino, con i comuni limitrofi costieri di Campomarino, Petacciato, Montenero e del vicino hinterland dove si trovano le radici profonde del territorio. Siti archeologici; tradizioni antiche; la gastronomia “mare e monti”, con i piatti di pesce noti in tutta la regione: i punti di partenza ci sono tutti. «È una grande opportunità di crescita, un importante volano economico che non riguarda solo Termoli, ma anche il suo “dietro le quinte”».

In parole povere è come dire che una città senza un porto che lavora non è una città di mare, e una Regione non può avere sulla costa una città di mare che non sia anche una città portuale altrimenti resteremo uno scolapasta che viene usato per separare i cibi dall’acqua di cottura, oppure utilizzato come copricapo degli adepti del culto dei “maccaroni”.

Antonio Fusco - agente marittimo

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