«Lo stabilimento Stellantis è fermo al palo: noi vogliamo lavorare in continuità»

Montagne russe ven 29 novembre 2024
Lavoro ed Economia di Emanuele Bracone
3min
Marco Laviano (Fim-Cisl) ©TermoliOnLine
Marco Laviano (Fim-Cisl) ©TermoliOnLine

TERMOLI. «Noi vogliamo lavorare in continuità, senza picchi in aumento o discesa repentini, per accompagnare nel modo migliore lo stabilimento di Termoli verso la transizione ecologica». Le parole di Marco Laviano, che come segretario della Fim-Cisl ha detto no alla richiesta della dirigenza Stellantis di passare a 18 turni in uno dei reparti produttivi, a poche settimane dal Natale. Ai suoi iscritti, Laviano, che fa parte della segreteria interregionale di Abruzzo-Molise, ha rappresentato che «c’era necessità di dover utilizzare per ora lo schema a 18 turni per alcune aree del Gme e della lavorazione Basamento GSE già a partire dal 9 dicembre. 

Come Fim-Cisl secondo le regole del vigente contratto abbiamo preso atto della necessità aziendale, e pur valutando in parte positiva la richiesta di aumento turni dovuta ad un incremento produttivo abbiamo ritenuto di non dover firmare l’esame congiunto, in quanto oltre le difficoltà legate alla catena di fornitura materiale, abbiamo fatto richiesta attraverso la specifica commissione di conoscere prima e meglio la giusta organizzazione del lavoro in rapporto ai volumi prodotti, personale addetto e carichi di lavoro delle varie postazioni. 

Crediamo che sarebbe stato opportuno attendere gennaio. Avendo lo strumento della solidarietà in essere per le aree del Fire, e la produzione del Gse in flessione, sicuramente un aumento produttivo può solo aiutare a gestire meglio una corretta rotazione di tutto il personale di Termoli. Ci auguriamo che invece non sia l’occasione da parte di qualcuno di rivedere al ribasso il numero degli addetti nelle varie postazioni del Plant, troppe volte in questi anni con la “giusta” scusa della competitività abbiamo assistito a ridimensionamenti. Siamo consapevoli delle grandi difficoltà legate alle nostre produzioni, ma oggi Termoli deve avere più garanzie per il futuro, non è più possibile lavorare alla giornata, i piani industriali sono definiti così come il processo di transizione. Ma questo stabilimento merita rispetto, per l’ingente professionalità presente e per la nobile flessibilità mostrata in questi anni, e che per merito delle lavoratrici e dei lavoratori è diventato il fiore all’occhiello dell’ex gruppo Fca». L’abbiamo interpellato e ha messo a fuoco il problema di carattere “politico aziendale”.

«Termoli è ferma il palo, Nel senso che non si sta andando in nessuna direzione. Per quanto riguarda Gigafactory o nuove missioni produttive, ora abbiamo questo incremento che riguarda i motori che vanno in America; però nel 2025 c'è anche la discesa del motore GSE e probabilmente la chiusura del Fire. Ad oggi ancora non ci viene confermato garantita che ci sarà la riconversione.

Quindi si dovrebbe lavorare a queste condizioni con l'incertezza del domani. Termoli di flessibilità ne ha data tanta, tantissima. Non possiamo più permettere le speculazioni sui lavoratori che stanno a casa, lavoratori che vengono lasciati sistematicamente a casa, perché in questo momento non possono essere collocati, perché magari non fanno neanche i turni. Quindi viene difficile poterli andare a chiamare anche con i diciotto turni, qui c'è il paradosso.

C'è il paradosso di una linea che lavora a 18 turni e forse venti giorni a gennaio. Poi una produzione che invece a gennaio scende e l'altra produzione che lavora, ma poi deve chiudere, un'altra (il V6) che invece rimane incerta. Turni che a ridosso delle festività natalizie penalizzano i lavoratori che fino ad oggi sono stati a casa e ora gli tocca andare a lavorare a fare 18 e 20 giorni sotto le festività. Prima di accettare o valutare qualsiasi aumento dei turni vogliamo conoscere meglio le missioni produttive. Vogliamo conoscere il numero di produzioni giornaliere e le persone addette sulle linee e dopodiché fare un programma che accompagna i Termoli a questo famoso switch off sulla transizione. Anche perché siamo dell'idea che se lavoriamo bene sappiamo anche lavorare tutti.

Se invece lavoriamo in maniera forzata uno o due mesi con 18-22 turni per poi stare fermi per gli altri sette-otto mesi a noi non va bene, vogliamo un lavoro in continuità e la cassa integrazione non lo permette».

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