Craxi, l'ultimo leader: il ricordo a 20 anni dalla scomparsa

Il personaggio dom 19 gennaio 2020
Politica di Oreste Campopiano
3min
Bettino Craxi ©Formiche.net
Bettino Craxi ©Formiche.net

TERMOLI. Sono trascorsi venti anni dalla morte di Craxi e trenta dalla caduta del muro di Berlino.

Solo ora si comincia finalmente ad avvertire la esigenza di rivisitare la storia recente del nostro Paese e di sollecitare un'analisi più aderente ed asettica in chi ha vissuto quel periodo della storia Nazionale e nel contempo stimolare la riflessione di una intera generazione che non ha conosciuto quei fatti (e misfatti) o che li ha conosciuti solo attraverso l'immagine degenerata e distorta che emergeva dal clima di odio di quegli anni.

Non è dubitabile che la classe politica della cd prima Repubblica aveva visione, capacità di analisi, lungimiranza, competenze e cultura di gran lunga superiori rispetto a quella che si è alternata al Governo del Paese dalla metà degli anni novanta in poi.

La storia di Craxi e del Psi è stata liquidata in gran fretta quasi fosse una storia criminale accreditando l'idea, anch'essa distorta, di Craxi come uomo arrogante, avido interprete del potere e della corruzione politica e morale del Paese.

Al binomio: potere politico - corruzione sarebbe conseguito l'aumento esponenziale del debito pubblico negli anni ottanta, con ricadute negative sull'intero contesto sociale .

La storia però si è incaricata di smentire questo superficiale teorema, se è vero come è vero che il debito pubblico, sebbene salito in quegli anni all'89% del Pil (per via principalmente dello scontro in atto tra Tesoro e Banca d 'Italia) oggi ha superato il 133% ed è in ulteriore ascesa.

Onestà vuole che si faccia cenno anche alla drastica riduzione dell’inflazione che, dopo il referendum vinto sulla scala mobile, scese dal 16% addirittura al 4%; il tasso di crescita del Paese che allora viaggiava oltre il 3% annuo e, quindi, ben superiore alla media dei Paesi Ue, oggi è prossimi allo zero e molto al di sotto della media europea; l'Italia aveva guadagnato stabilmente il quinto posto tra le potenze industriali mondiali ed insidiava il quarto posto della Francia.

Craxi è stato innanzi tutto un leader, forse l'ultimo che l'Italia contemporanea ha conosciuto. In politica estera aveva un visione complessiva della centralità del Mediterraneo e quindi della necessità ineludibile di colloquiare, quale interlocutore privilegiato, con il mondo arabo nel suo complesso, nella prospettiva della costruzione di una politica di pace e di integrazione. Di qui l'idea forte di costruire una Europa che, nel rispetto della sovranità degli Stati nazionali, guardasse all'area mediterranea e non solo alla alleanza dirigista politico-economica franco tedesca.

Questa sua visione, certamente non in linea con gli interessi delle grandi economie egemoni connessa ai fatti accaduti a Sigonella, nei quali Craxi mostrò la sua capacità di difensore della sovranità nazionale anche contro l'alleato statunitense, evidentemente hanno giocato un ruolo determinante nella accelerazione della sua eliminazione dallo scenario politico (per via giudiziaria) dopo la caduta del muro di Berlino. Tanto più che a distanza di anni si è saputo di contatti intercorsi tra la Magistratura inquirente del cosiddetto Pool di Mani pulite ed i servizi di Intelligence americani. Il fatto che Craxi sia stato l'unico capo di partito ad essere condannato in applicazione della teoria del “non poteva non sapere” la dice lunga sulla linearità e trasparenza di quelle inchieste giudiziarie e di quella oscura stagione in cui la Politica abdicò dalle sue funzioni in favore della Magistratura.

Ne conseguì, a parte ogni altra considerazione, una umiliante degradazione dei poteri dello Stato.

In questi lunghi anni il degrado della Politica, la liquidazione dei partiti e dei loro vertici ha originato progressivamente un sostanziale vuoto, riducendo così gli spazi di partecipazione e di rappresentanza e, conseguentemente, rendendo più fragile ed esposta la Democrazia del Paese.

Ma ciò che oggi preoccupa di più non è la crisi dei Partiti e dei loro vertici, ma la sensazione di un generale disarmo delle coscienze.

Il pericolo oggi è, appunto, il vuoto. Una crisi di identità, di valori, di volontà, di partecipazione che investe tutto e tutti ed in particolare la sinistra italiana che vive la più grave crisi della sua storia nell'Italia Repubblicana, una crisi di visone, di programmi, di prospettive, di leader.

Il ventennale della morte dell'On. Craxi, al di là della rivisitazione della storia e delle opinioni che possono ovviamente essere differenti, deve diventare occasione di riflessione, di confronto e di dibattito sulla primaria necessità di riconsegnare all'Italia una classe dirigente che abbia capacità, conoscenza dei problemi e cultura di Governo. Perché di tutto si può dibattere e discutere ma non della evidenza, emersa prepotente a distanza di anni, che l'On. Craxi è stato davvero l'ultimo leader politico di quella grande classe dirigente che ha guidato il Paese dall'immediato dopoguerra ai primi anni '90 del secolo scorso.

Le vicende giudiziarie, il più delle volte deviate ed erronee, che hanno riguardato gran parte della classe dirigente del Paese di quegli anni, non possono oscurare la verità inoppugnabile della storia.

(Oreste Campopiano)

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