Molise vecchio e nuovo: gli orizzonti ‘domestici’ della politica

L'osservatorio mar 07 luglio 2020
Politica di Claudio de Luca
3min
Giunta regionale del Molise ©Termolionline.it
Giunta regionale del Molise ©Termolionline.it

CAMPOBASSO. Molise vecchio e nuovo: gli orizzonti ‘domestici’ della politica.

Nel secolo scorso il Molise aveva prodotto una folla di professionisti: avvocati, notai, commercialisti, amministratori … Poi, lentamente (e questa è storia recente), è cominciato l’imbarbarimento della politica; cosicché, da una trentina d’anni, la caduta del tono culturale (fatte le dèbite eccezioni di luogo e di persone) è diventato un fatto così evidente da lasciare senza fiato.

Perché? Perché, bene spesso, i soggetti che dedicano il loro tempo al mondo locale conoscono ben poco delle diatrìbe amministrative; la lingua che usano è solo un frasario di base che – peraltro – si identifica soprattutto per le cadenze regionali ostentate e per le inflessioni dialettali utilizzate. Molti hanno viaggiato ben poco, ragion per cui il loro orizzonte è talmente ‘domestico’ da non ammettere possibilità di confronto (o aperture di pensiero) nella direzione di possibilità collocate al di fuori dell’usuale.

Purtroppo il Molise avrebbe un bisogno drammatico di un ceto politico all’altezza della sua Storia, soprattutto perché – oltre che storia e cultura – questa regione possiede ben poco d’altro. Ma, perché un cultura possa diventare risorsa viva, occorre essere colti, avere una sensibilità, un gusto educato; ed è proprio questo che làtita. In effetti, cosa vuoi poter capire se tutto ciò che a te pare una cosa importante e vitale si concentra, alla fin fine, nello spazio angusto di un solo quartiere che, poi, ti appare come l’unico modello ammissibile, la sola misura a cui conformarti, l’unica forma possibile di civiltà? Ed è proprio questo che fa veramente male. Certamente manco altri territori d’Italia profumano di rose e di viole; però mi coglie sempre come una sorpresa dolorosa l’esperienza tattile della colossale insipienza di persone da cui ci si dovrebbe aspettare – di contro – una luce di civiltà. In sostanza, persone felicitate da tutte le precondizioni necessarie per contribuire ad innalzare, attraverso una personale e disinteressata assunzione d’impegni, il tono complessivo della vita sociale, le scopri incapaci di parlare d’altro che di assolute minchiate, reiterando angoscianti banalità; sicché è meglio, di gran lunga meglio, che si limitino a dire poche cose o addirittura a tacere.

Ove tu voglia darti qualche spiegazione circa tale stato, viene da pensare che un tempo ‘borghesia’ significava la compresenza di due elementi: una certa disponibilità di mezzi economici; un’educazione superiore. Il primo elemento si è illanguidito al punto che la vecchia borghesia pare sempre di più un ceto medio immiserito. In queste condizioni soltanto pochi eroi continuano a fare le capriole per garantire a sé stessi ed ai loro figli gli accessi ai livelli di educazione che, in famiglia, si ritenevano irrinunciabili, seppure non fossero in grado di garantire forti guadagni materiali, i soli che, purtroppo, oggi rappresentano l’unica patente universale di rispettabilità sociale, con le conseguenze logiche di cui è doveroso prendere atto. Per tracciare un ulteriore esempio, vale la pena di indirizzare la nostra attenzione sulla densità storica di questo o di quel Palazzo comunale sul cui palcoscenico si agitarono tanti protagonisti delle storie locali nel secolo scorso. Oltre che ai tanti personaggi, meditiamo su quella lunga teoria di Sindaci che recarono il proprio contributo alla risoluzione dei problemi di Città e Paesi (dove vita e spazio assurgevano ad una sorta di delirio dell’infinito). Vale la pena, allora, di pensare a quell’emporio d’incantesimo in cui approdarono – quasi “dal desìo chiamati”, come dice il Poeta – tanti messaggeri di pace e d’amore.

Quanti di loro vollero, a fine carriera, apprestarsi ad onorare il privilegio, che consideravano il premio più ambito della propria vita: quello di porgere – nell’ora dell’inevitabile congedo – un saluto, un ringraziamento, un augurio. Lo fecero sempre dedicando una specie di medaglione soprattutto ai principali avversari del consesso. Provate oggi ad ascoltare le invettive, ‘ore rotundo’, pronunciate dagli ottimati cittadini all’indirizzo di chi non ha la ventura di pensarla all’unìsono. Gli èsiti odierni fanno tornare alla mente la quadratura di un personaggio che usava presenziare, almeno sino alla ‘chiama’ del Segretario comunale, agli inizi di ogni seduta del Consiglio. Ricordo che guardava, uno per uno, tutti i presenti; e che, poi, con un tono di voce (che avrebbe potuto percepire solamente chi gli stava da presso), usava concludere:”Pe’ la Maiella! Che gente ‘e …”; e così nominava ciò che i Latini chiamavano “mentula”, un vocabolo dall'impatto tanto tenue da essere impiegato persino da poeti e da scrittori laureati. Dopo di che si girava su se stesso; e, lentamente, lasciava la sala, continuando a meditare sui tristi destini del luogo in cui viveva.

Claudio de Luca

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