La via "Dolorosa" di Termoli

ven 07 dicembre 2018
Spalla di La Redazione
3min
Jacovitti oltraggiato ©Termolionline.it
Jacovitti oltraggiato ©Termolionline.it

TERMOLI. Anche Termoli ha la sua “Via Crucis” e per percorrerla, per chi avesse da espiare colpe o anche solo per abbracciare un cammino salvifico, basta iniziare partendo dal crocevia di Corso Nazionale, proprio dove la nuova pavimentazione ha inizio e dove è stata disegnata a terra una sorta di “pedana di partenza” con le effigie di Termoli calpestate dal traffico veicolare e pedonale.

Iniziando così il vostro “cammino di fede”, vi imbattereste dapprima in una panchina rossa di chiara e importante simbologia, attenzione però a non farvi prendere dalla tentazione di sedervisi, perché laddove foste vestiti di bianco e di blu, una volta rialzati col didietro a strisce rosse, rischiereste il vilipendio alla bandiera americana...; dopodiché, proseguendo la vostra strada, fareste tappa ai piedi della prima statua alla memoria, accovacciata e dall'espressione tesa e perplessa, e lì, una volta inginocchiati ai suoi piedi per poter leggere di chi si tratti, potrete magari rendergli omaggio con dei fiori freschi alla memoria di una grecità perduta.

Senza perdervi d'animo, proseguireste poi lungo il Corso, quasi senza incontrare anima viva né presenze vegetali di sorta, per giungere alla “seconda stazione”, dove, appollaiata e ricurva su se stessa, trovereste la seconda statua alla memoria, e anche qui, una volta genuflessi per leggervi il nome, potrete lasciare dei fiori alla memoria di un artista anch'egli finito col suo taccuino “nel bel mezzo del nulla”.

Proseguendo in giù, “dulcis in fundo”, incontrereste poi la terza lugubre e fredda statua, questa volta però, attenzione, i fiori non vi basteranno, questa volta si tratta di un emblema della termolesità, rappresentato con una zeppa sotto una scarpa e con la gamba destra accavallata fino quasi ad arrivare all'anca opposta, perciò sarà forse il caso, sempre dopo esservi inginocchiati per sapere chi state omaggiando, di accendere dei veri e propri lumini votivi, quasi a scopo propiziatorio, non fosse altro per non farvi spedire “a quel paese” dall'aldilà e in quel vernacolo stretto e colorito di cui il personaggio in questione era un apprezzato e riconosciuto Maestro...

Ma non crediate sia finita, la via verso la santità si sa è faticosa, e allora chissà, quando l'avrete iniziata, potreste pure avere la soddisfazione di poterla proseguire attraverso “un tunnel sotterraneo” che fosse stato nel frattempo sciaguratamente realizzato nel cuore di Termoli, che vi porterà dritti, dritti ai piedi di una impegnativa salita, superata la quale, dopo qualche centinaio di metri, vi ritrovereste al punto di partenza, da dove vi accingereste a raggiungere l'ultima stazione, quella per certi versi più significativa, quella dove potreste ammirare tra i migliori capolavori dell'Arte Contemporanea degli ultimi sessant'anni, che costituiscono quell'importante e prezioso patrimonio culturale guadagnato alla città di Termoli dal mirabile, sapiente e lungimirante impegno profuso dal Maestro Achille Pace per oltre mezzo secolo (e mal ripagato...!!), ma non guardatevi intorno a cercare il classico e accogliente museo che da sempre le ha ospitate in Piazza Sant'Antonio nel cuore della città, “a portata di mano” di visitatori e cultori, per dirla con Heidegger, macché... a quel punto, invece, dovrete affidarvi ad una guida, esperta conoscitrice della viabilità cittadina, la quale, attraverso un groviglio di rotonde, rotondette e bacili non meglio identificabili, vi accompagnerà in una zona decentrata, quasi periferica, dove finalmente vi imbattereste in una fredda costruzione dalle geometrie vagamente cimiteriali e dall'arabeggiante acronimo di Macte, dove, sperando che nel frattempo non sia necessario un costoso biglietto d'ingresso, potrete, lontani dallo stress del centro cittadino, raccogliervi in preghiera, e rivolgendo lo sguardo al soffitto esclamare a gran voce: “libera nos a malo”.... almeno fintanto che a qualcun altro non salti in mente di togliere dal “Pater Noster” anche questa determinante implorazione...

Giuseppe Caruso

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