Osteria dentro le mura: magia di luoghi e cucina

Contenuto sponsorizzato sab 13 luglio 2019
Spalla di La Redazione
6min
Antonio Terzano, Osteria dentro le mura ©Termolionline.it
Antonio Terzano, Osteria dentro le mura ©Termolionline.it

TERMOLI. Entriamo nel Borgo Vecchio di Termoli e una volta fatto l'ingresso dentro le mura della città vecchia, troviamo subito un ristorante tipico della cucina tradizionale termolese: l’Osteria dentro le Mura. Ad accoglierci è il titolare, la mente propulsiva che da dietro i fornelli crea, per il gusto del nostro palato, piatti davvero molto invitanti e naturalmente gustosi: è lo chef Antonio Terzano che gestisce il tutto assieme a sua moglie Lina Di Pompeo che si occupa dell’accoglienza e servizio in sala.

Ricordiamo che in origine il locale nasceva ancora più dentro le mura, in via Marinucci Salvatore a pochi metri dalla via più stretta d'Europa, ‘a Rijecelle, e che poi per esigenze di spazio e di visibilità Antonio e Lina hanno deciso di spostare in un locale più ampio e più funzionale, quello appunto dove si trova oggi, in via Giudicato Vecchio, proprio sul mare e ai piedi del Castello Svevo che, soprattutto come dice Antonio, "ci protegge tutti".

Parliamo dunque con Antonio di come è partita questa attività da lui tanto amata: “Se vogliamo fare un paragone sportivo, all’inizio è stata tutta palestra: quando rilevai l’attività era il 1999 e quindi quest'anno festeggiamo il ventennale; al tempo era una tipologia di locale completamente diversa, infatti era un luogo più d'intrattenimento che serviva panini e poi nel giro di due-tre anni, l’ho riconvertita a trattoria di mare. Il fato ha voluto poi che trovassimo nel 2011 questo nuovo locale molto bello sia per conformazione architettonica sia per la location e ci siamo così trasferiti qui nell'estate 2014. Ovviamente quello che cambia da un punto di vista tecnico sono gli spazi di lavoro perché nell’altro locale avevo una cucina molto piccola e sofferente e quindi la differenza sostanziale è quella di aver fatto la gavetta, molto importante, con una cucina piccola; invece oggi una cucina leggermente più grande ci permette non di aumentare i volumi che non è il nostro obiettivo, ma di dare una qualità più elevata continuando il percorso, che abbiamo iniziato tanti anni fa, di professionalità e di studio. Così per i compiti che ci siamo divisi io e mia moglie Lina: io mi occupo della cucina, lei della sala anche se siamo tutti e due sommelier professionisti; Lina è anche una docente e organizza corsi, la sua formazione sui vini è molto più tecnica, molto più precisa per quanto riguarda la gestione della sala e del cliente."

Chi entra nell’”Osteria dentro le mura”, appena varcata la soglia, si accorge subito che è un locale dove la professionalità è alta: "Abbiamo voluto dare un taglio a quel tipo di trattoria un po' troppo arruffona, dove c'era calore, anima, passione, ma poca preparazione e abbiamo quindi coniugato l'alta competenza e la qualità del cibo senza avere il vezzo di diventare un ristorante importante. Utilizzo esclusivamente cibi locali, scelgo le barche da cui comprarlo, senza perdere quell'animo free che caratterizza un locale dove si sta bene.

Nessuna nostalgia per la “palestra” iniziale perché nella vita le cose cambiano e quando si fanno delle scelte bisogna avere il coraggio di tagliare con il passato. Sicuramente dall’altra parte il locale era più caratteristico in mezzo a quei vicoli, però come si dice in dialetto "I guaie da pignete i sa u 'cucchiare".

Entrando più nello specifico, l’”Osteria dentro le Mura” offre una cucina tradizionale tipica termolese basata in tutte le sue sfaccettature sul pesce. Ci dice Antonio: "Faccio una breve premessa: l'esperienza accumulata dal 2013 al 2016 mi ha portato ad un confronto con tutti i più grandi cuochi italiani e ho preso coscienza che la cucina tradizionale ha una forza e un impatto sulle persone che tanti piatti moderni, rivisitazioni, smobilitazioni e ristrutturazioni non hanno. Anch’io ho sperimentato tanto, grazie anche ad alcune collaborazioni che ho con l'Università di Scienze Gastronomiche, ho inoltre avuto dei ragazzi talmente avanti che ricordo nell'estate 2015 facemmo dei piatti di cucina molecolare, subito poi però archiviata in quanto non nelle mie corde. I piatti che caratterizzano la cucina termolese sono il Brodetto, il principe, e il suo alter ego "U' Pappone", un piatto che ormai avevano tutti rinchiuso in un cassetto, ci ho dovuto lavorare quattro/ cinque anni buoni per rispolverarlo. Quindi Brodetto e Pappone, Polipetti in Purgatorio per gli antipasti, più qualche altra cosa sfiziosa come la Colazione del Pescatore ovvero un crostino con una piccola sogliola cotta in immersione spolpata poi servita con il suo brodo e infine tra i primi sicuramente le taccozze in brodo col Rombo e le Lasagne in bianco con la Sogliola.

Il Pappone è molto richiesto anche se qualche tempo fa me lo “bruciai” portandolo alla Prova del Cuoco allora condotta dalla Clerici, quindi l'archiviai per un po' di anni, poi l'ho ripreso e devo dire con grande soddisfazione da un paio di stagioni fredde ha cominciato a riviaggiare alla grande, non come il Brodetto, ma comunque si sta ritagliando uno spazio più o meno importante."

Quando si cucina il Brodetto alla termolese, secondo Antonio, Il pesce che non deve mai mancare è “a Vocchenghepe”, in italiano la Lucerna, un pesce che stanno pescando tanto, ma che non compra nessuno poiché coriaceo da cuocere, che attorno alla groppa ha una parte morbida ed è quella che scarica tanto sapore. E poi i "Polipetti in Purgatorio” chiamati così per la loro colorazione né bianca né rossa quindi poco definita che li colloca in mezzo tra Inferno e Paradiso.

E poi il grande dilemma: con il pesce vino bianco o va bene anche il rosso? "I gusti sono gusti e su questo non ci piove, noi come ristoratori non possiamo che consigliare, dal punto di vista di abbinamento tecnico, tutta una serie di vini bianchi anche del territorio e quando parlo di territorio parlo di viti dalla Murgia fino ad arrivare alla parte nord dell'Abruzzo e che si sposano molto bene con la nostra cucina; la nostra crescita - ecco la palestra di cui parlavo all’inizio - è palese: quando ho iniziato la carta dei vini molisani arrivavamo a 5 o 6 cantine molisane, oggi ne contiamo 50 censite. Per quanto riguarda il vino rosso, ci sono dei tipi che si sposano bene con il pesce, bisogna abbassare un po' la temperatura di servizio, ma a mio parere il lavoro che è stato fatto negli anni con la Tintilia vinificata rosato, trova con la cucina del territorio la sua quadratura del cerchio dando al piatto una morbidezza particolare, mentre il rosso rimane aggressivo, ruvido e può essere difficile abbinarlo.

Per quanto riguarda l’accoglienza, per un fatto tecnico, chiudiamo le prenotazioni a 40 persone, se poi però vediamo che durante il servizio c’è qualche tavolo più agevole e siamo liberi in sala e in cucina, prendiamo qualche numero in aggiunta. Abbiamo preso l’abitudine, anche quando ero nel vecchio locale, di lasciare qualche tavolo libero e questo me lo ha insegnato un grande ristoratore termolese, Fernando Lanzone: se ti arriva la telefonata di un cliente che viene tutto l’anno o un amico, devi fargli sempre trovare un tavolo. Anche questa è professionalità, è la vecchia scuola dei ristoratori termolesi.”

Dunque, se vi addentrate dentro le mura del borgo vecchio termolese, non dimenticate che c’è un locale che vi farà conoscere la bontà della cucina tradizionale termolese. Presso “Osteria dentro le mura”, da Antonio e Lina, sarete i benvenuti!

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