"Il cantico dei cantici", l'one-woman show biblico di Antonietta Finocchi

prova d'attrice ven 23 agosto 2019
Spettacolo di Valentina Gentile
2min
"Il cantico dei cantici", l'one-woman show biblico di Antonietta Finocchi ©Termolionline.it
"Il cantico dei cantici", l'one-woman show biblico di Antonietta Finocchi ©Termolionline.it

TERMOLI. “Il più bel testo d'amore di tutti i tempi”, come lo definì il poeta Eugenio Montale, è approdato nella serata di ieri 22 agosto anche in quel piccolo angolo raccolto che è il Teatro verde di Termoli. Lo ha fatto sommessamente e con gioia grazie all’appassionata interpretazione di Antonietta Finocchi, e fra lo stupore del pubblico che non ha potuto che tributare applausi e complimenti all’attrice che ieri calcava le scene per la prima volta.

“Il cantico dei cantici”, poema biblico ancora oggi oscuro e soggetto a molteplici interpretazioni, è stato scelto e diretto in atto unico dal maestro Ugo Ciarfeo, che in passato lo aveva già portato a Roma con un successo incredibile che aveva richiesto 12 repliche.

Sul palco solo la Finocchi, tutta corpo e voce a servizio di un testo denso di simbolismo e sentimenti che spaziano dall’infatuazione amorosa alla delusione, passando per la lussuria. Perché la storia narrata è - almeno in apparenza - quella di due giovani innamorati, interpretati in modo alternato dalla stessa attrice. Da un lato la donna che narra il suo struggimento per un amato invisibile, del quale aspetta il ritorno raccontando il loro passato insieme; dall’altro l’uomo ammaliato da una ‘sposa’ che è anche sorella, verso la quale il sentimento si fa a momenti lascivo, a momenti puro come in quello che è diventato il più celebre passaggio del ‘Cantico’: «Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia...».

Un linguaggio antico e ricercato, fatto di similitudini, nomi di luoghi, aromi e animali, ma dotato di una musicalità che sa farlo apprezzare anche a chi non lo conosce e non ne afferra tutti gli ostici passaggi. E Antonietta Finocchi dà una prova incredibile nel sostenere un monologo di quaranta minuti, sola in scena e supportata da una scenografia scarna e niente più che una vestaglia e pochi, piccoli oggetti, circostanze che abitualmente si addicono ai grandi attori. Eppure la debuttante mantiene sempre il tono, senza cali o eccessi, rendendo costantemente vivace quel sentimento amoroso che di solito a teatro, e tanto più con un testo sacro, si percepisce come sofferto.

Soddisfatto il regista Ciarfeo, anche lui subissato di ringraziamenti e plausi a fine serata. «Molti si chiedono: come si porta una poesia in teatro? Ma la poesia è teatrale, sono le parole stesse a suggerire i movimenti. Lo spettacolo ha richiesto 10 mesi di preparazione, specie per la memoria e lo studio del testo, che è complesso e contiene davvero un mondo».

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