Il Covid nell’anima: il diritto negato all’assistenza psicologica

ven 27 novembre 2020
Termoli Doc di Equipe Kairos
6min
Il Covid nell’anima: il diritto negato all’assistenza psicologica ©Equipe Kairos
Il Covid nell’anima: il diritto negato all’assistenza psicologica ©Equipe Kairos

La pandemia che ha colpito tanto duramente l’umanità in questo funesto 2020 ci sta facendo confrontare con l’esperienza del Limite, inteso in moltissimi casi come esperienza di morte, in molti altri come esperienza di malattia e di angoscia, e per tutti noi come spartiacque tra un “prima” economico, politico, scientifico e culturale e un “dopo”, ancora ignoto, che riguarda i postumi, ovvero le conseguenze post-traumatiche che caratterizzeranno il nostro futuro funzionamento psichico, interessando non solo la vita individuale, ma anche quella istituzionale e comunitaria.

Il 2020 lo ricorderemo come un anno funesto: il Covid ci ha portato via molte persone care ed ha messo a dura prova anche il benessere di ognuno, e le perdite ci hanno ricordato anche che “a livella” cantata dal Charlie Chaplin italiano – Antonio De Curtis – nei versi del 1964, non conosce differenze di classe o gerarchie di potere economico o politico; essa azzera la vita senza guardare i documenti di identità, i curricula vitae o i conti bancari; così, abbiamo dovuto guardare anche coloro che avevamo immaginato “immortali”, come Eddie Van Halen, Sean Connery, Gigi Proietti e, da ultimo, Diego Armando Maradona, oltrepassare il Limite assoluto.

Ma il grande protagonista di questo funesto 2020 – il Covid-19 – ha le caratteristiche di un fattore traumatogeno collettivo, non solo sul piano fisico ma anche su quello psichico; esso ha lo stesso potere di attivazione di emozioni traumatiche di un evento sismico o di una qualsiasi altra calamità naturale, avendo assunto i caratteri potenti, minacciosi, dirompenti di un evento traumatico carico di angoscia, generativo di sentimenti di impotenza e di imprevedibilità tipici degli eventi traumatici gravi; altre volte invece ha assunto le caratteristiche di una serie cumulativa di micro traumi che si insinuano, in maniera occulta, come un fiume carsico sotto un edificio, nello psichismo dell’essere umano, come anche delle comunità e dei popoli in genere.

Se oggi fosse il 27 novembre del 1200 d.C. la maggior parte di noi designerebbe con molta probabilità questa pandemia come un “flagello di Dio” per la nostra avidità o per un altro “peccato capitale”. Se questo fosse l’autunno del 400 a.C., considereremmo quest’avversità come un segno inviato dagli dei all’umanità, una prova iniziatica collettiva. Ma la psicoanalisi ci insegna anche a leggere queste credenze come tentativi, ancora oggi perduranti nella psiche individuale, di dare senso alla presenza di fattori inconsci di un processo trasformativo autonomo che è sfociato in una “crisi”, una malattia, una grave condizione psicopatologica collettiva che pone in evidenza, per l’essere umano, la necessità di individuare un nuovo percorso per il proprio destino, come un rivolo che, discendendo a valle da un alveo più grande, può portare in acque più quiete.

Ma la maggior parte di noi oggi ha perso il senso religioso della vita che ha caratterizzato le epoche precedenti, per decenni abbiamo depauperato la nostra funzione simbolica, quella funzione evolutiva che la nostra specie ha selezionato per aiutarci a creare ponti verso un “altrove” vagamente intuito; abbiamo, infatti, rivolto lo sguardo maggiormente verso l’esterno, pensando di essere in questo modo più vigili, più prestanti sotto il profilo cognitivo e maggiormente produttivi nelle nostre occupazioni, evitando al contempo di rivolgerlo verso il mondo interiore, verso quella dimensione una volta popolata da dei e demoni, ognuno pronto a trasmetterci un messaggio che andava interrogato. L’immaginazione è stata da sempre il motore della cultura, dell’arte, in altri termini, dell’evoluzione della psiche umana. Il Covid – 19, invece, quello che ci è entrato anche nell’anima, ci ha rivelato che la specie umana da decenni è in una condizione di rischio senza precedenti per la sua stessa evoluzione.

Forse molti di noi potranno anche dimenticare l’immagine del corteo dei mezzi militari che, nella notte tra il 18 e il 19 marzo, dalle vie di Bergamo trasferirono fuori regione, verso destinazioni ignote, circa sessanta salme di persone decedute nella città lombarda, verso i forni crematori di altre città italiane. La provincia di Bergamo, col maggior numero di contagi e di vittime, non riusciva più a gestire le lunghissime liste d’attesa per la cremazione – pratica scelta dalla maggioranza delle famiglie. In quei giorni il Covid ci ha isolati anche dalle anime dei nostri defunti in una solitudine assoluta, rendendo la morte la peggiore delle morti mai immaginate: perciò diciamo con convinzione che questa è un’esperienza traumatica collettiva, poiché non un contatto, non una parola di conforto, non un “ti amo” hanno potuto scambiare i figli con le madri e i padri, non una preghiera, nel passaggio.

Dopo aver proclamato la morte di Dio, siamo stati costretti ad ammettere che la nostra presunta Onnipotenza, questa grande illusione virale che si è insediata da poche migliaia di anni nella mente dei Sapiens, ci ha resi orfani di deicidio ossessionati dal potere, quale antidoto alla nostra rimossa fragilità: abbiamo calpestato il suolo lunare, abbiamo lanciato il nostro sguardo indagatore verso i confini più distanti del cosmo, abbiamo diviso l’atomo, abbiamo finanche individuato il codice genetico e scritto milioni di libri di storia; abbiamo osato varcare i confini troppo ristretti della fisica newtoniana conquistando, grazie alle nuove tecnologie, il “dono dell’ubiquità” e della “trasmissione del pensiero”; come dei, possiamo essere nello stesso momento in molteplici luoghi diversi, e possiamo far apparire l’immagine della persona cara davanti a noi e parlarci anche se non è presente, anche se morta. Possiamo rievocarla dal regno dei morti rivedendo filmati e immagini che la ritraggono.

Settantamila anni fa convivevamo sul nostro pianeta ancora con almeno sei specie umane diverse. Oggi siamo solo noi Sapiens a dominare il pianeta. Gli umani preistorici erano animali insignificanti, il cui impatto sull’ambiente in cui vivevano – ci ha insegnato Harari col suo capolavoro Sapiens. Da animali a dèi (2011, 5 milioni di copie vendute, tradotto in 30 lingue) – non era di certo superiore a quello di gorilla, lucciole e meduse.

A renderci umani è stata l’immaginazione, abbiamo imparato a cooperare in milioni prima di tutto grazie ai miti, alle religioni, alle storie, alle fantasie dell’esistenza di una nazione, di una genealogia, di una predestinazione, di un progetto da realizzare, di un mondo da cambiare che abbiamo imparato innanzitutto a narrare; attraverso le immagini del futuro, come dei, abbiamo creato un nuovo mondo. E questo, come nel bambino descritto dal pediatra psicoanalista di bambini Donald Winnicott, anche nell’adulto ha contribuito a rendere potente la fantasia di essere dei “creatori”.

Improvvisamente, però, un microscopico sferico virus con tanti spuntoni ci interroga sulla nostra reale natura, mostrandoci drammaticamente la misura della nostra fragilità.

Il Coronavirus è la Sfinge che nella nostra epoca post moderna ancora torna ad interrogarci con un nuovo enigma: quale animale sul pianeta ha dimenticato che esiste la morte? I negazionisti hanno già risposto senza imbarazzi che non conoscono questo animale; altri, venuti a conoscenza della presenza della Sfinge, si sono affidati alla “numerologia” delle tabelle statistiche dell’Istituto superiore di sanità evitando di rispondere alla domanda; altri ancora hanno preferito dichiarare guerra a nemici improvvisati, ritenendoli politicamente colpevoli di aver posto la Sfinge sul proprio cammino; infine, i più miseri, hanno risposto che solo l’essere umano conosce la morte ed è per questo che è angosciato e il rimedio è sicuramente puntare alla ripartenza economica.

Nei nostri studi di psicoterapia e di analisi, in questi mesi, il tema ricorrente in sogni e conversazioni è la morte. Nelle conferenze stampa e nella programmazione territoriale dei servizi essa è stata “magicamente” trasformata in un numero a 4 o 5 cifre o in un indice statistico. Il Covid ha già fatto leva quindi sul disagio psichico che soggiace in ognuno di noi (cittadini, amministratori, uomini di governo, scienziati), inducendo risposte disadattive nell’affrontare la pandemia. Occorrerà del tempo ma, se la psicologia non verrà adeguatamente investita per farvi fronte nei servizi sociali e sanitari territoriali, i fattori patogeni di questa esperienza, moltiplicandosi come batteri di una flora alterata, condurranno certamente al manifestarsi di una psicopatologia individuale ma anche collettiva.

TermoliOnline.it Testata giornalistica

Reg. Tribunale di Larino N. 02/2007 del 29/08/2007 - Num. iscrizione ROC:30703

Direttore Responsabile: Emanuele Bracone

Editore: MEDIACOMM srl
Via Martiri della Resistenza, 134 - 86039 TERMOLI(CB)
P.Iva 01785180702

© Termolionline.it. 2024 - tutti i diritti riservati.

Realizzato da Studio Weblab

Navigazione