​Codice stradale: non sempre le esimenti possono essere prese in considerazione

lun 27 agosto 2018
Veicoli al crocevia di La Redazione
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Limiti di velocità ©Termolionline.it
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Codice stradale: non sempre le esimenti possono essere prese in considerazione

Un Padre cappuccino viene sorpreso a percorrere un tratto di strada a bordo della sua autovettura, condotta alla velocità di 110 kmh, in violazione del limite (50) imposto dall’Autorità competente su quell’arteria. Il Frate impugna il verbale, sostenendo che – in quella contingenza - egli stava recandosi a casa di un moribondo per somministrargli l’estrema unzione. Il Giudice di pace accoglie la sua domanda, motivando la decisione: una persona di fede – dice - che, in punto di morte, non possa ricevere l’estrema unzione rischia di subire un danno grave e irreparabile. In effetti, non si può negare che l’assenza del conforto religioso potrebbe ridurre l’infermo in uno stato di prostrazione tale da rendere più drammatiche le sue sofferenze addirittura negli ultimi attimi di sua vita.

Per ciò stesso, la mancata somministrazione di un sacramento concreterebbe (o potrebbe almeno essere percepito come tale) un danno grave alla persona proprio perché tale carenza investe l’essere umano nella sua più alta dimensione spirituale. Peraltro, un danno simile sarebbe pure irreparabile perché, com’è noto, dopo il decesso, l’unzione non può più essere somministrata. E ciò riuscirebbe un danno non altrimenti evitabile perché, a differenza del battesimo (che in casi estremi può essere impartito anche da un laico), l’unzione degli infermi può essere somministrata soltanto da un Ministro di culto. Il Gdp concludeva sostenendo come “l’eccezione della Polizia municipale, che nega lo stato di necessità in una circostanza come quella in esame, appare dettata da un rigido laicismo tanto giacobino quanto astratto”. Peraltro, la rilevata circostanza che il trasgressore non avesse dichiarato per quali nobili motivazioni stesse circolando in esorbitanza dei limiti di velocità, poteva giustificarsi “con la naturale ritrosia connessa ad una funzione tanto delicata” quale appunto va considerata la somministrazione della estrema unzione ad un moribondo.

Il Comune impugna la decisione, ed il Magistrato monocratico del Tribunale accoglie integralmente la domanda dell’ente locale. In seconde cure viene ravvisata l’insussistenza della scriminante putativa riferita alla supposta necessità, vissuta con i caratteri della cogenza e della assolutezza, di somministrare l’estrema unzione al morituro ai fini della salvezza della sua anima. E viene ricordato che, per la ricorrenza di una ipotesi di erronea supposizione dell’esistenza di una scriminante, non è sufficiente che il soggetto creda - erroneamente - che il suo comportamento sia scriminato, bensì occorre che egli ritenga - senza sua colpa - di trovarsi in una situazione di fatto tale che, ove effettivamente esistente, certamente integrerebbe gli estremi della causa di giustificazione invocata. In altri termini, l’errore che scusa è quello che cade sul fatto ma non sui limiti del precetto, riconducendosi quest’ultimo all’ ‘error vel ignorantia juris’ che, come è noto, ‘non excusat’. Ragionare diversamente equivarrebbe a ritenere scriminati tutti coloro che, per particolari convinzioni personali (tutte ugualmente rispettabile finché non ispirino condotte potenzialmente lesive per i terzi), ritengano legittimi i propri comportamenti.

A dire del Giudice, appare del tutto evidente la sproporzione tra la condotta illegittima e il supposto stato di pericolo di danno grave alla persona Infatti non è seriamente revocabile ‘in dubio’ che non possa mettersi a repentaglio la vita di ignari ed incolpevoli utenti della strada al fine di arrecare ad un moribondo un transeunte conforto morale, seppure in un momento delicatissimo quale appunto è quello del trapasso. In conclusione, il Giudice ha ritenuto pienamente fondato quanto prospettato dal Comune appellante, rigettando - in via preliminare - l’eccezione di improcedibilità dell’impugnazione in ordine a quanto sostenuto dall’appellato, secondo cui il Comune, contumace in I grado, non avrebbe potuto sollevare le argomentazioni di cui all’atto di gravame. Insomma, quanto eccepito è stato ritenuto infondato dal momento che l’Ente si era limitato ad una confutazione, in punto di mero diritto, delle argomentazioni poste a sostegno della impugnata sentenza, senza addurre nuove allegazioni di fatto.

Sempre in rito, era stata rilevata la superfluità della documentazione depositata dall’appellato (prescindendo dalla questione della inammissibilità della produzione di nuovi documenti in appello), in considerazione del fatto che, pure a voler ritenere provato il fatto (l’accorrere cioè del frate al capezzale di un moribondo onde somministrargli l’estrema unzione), la circostanza era del tutto irrilevante ai fini della causa, non potendo assolutamente valere a scriminare la gravissima condotta dell’appellato, astrattamente idonea a recare gravi danni ad ignari pedoni, potenziali vittime delle convinzioni personali dell’automobilista tonacato e della propria particolare valutazione della situazione di urgenza che si intende far assumere al rango di regola generale.

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