Come (e quando) ricorrere contro le ordinanze del sindaco
Se un’Amministrazione comunale istituisce aree pedonali non condivise dai cittadini, oppure impone sensi unici, la questione va affrontata con il Codice stradale alla mano (art.7, c. 9). A proposito di aree pedonali e di zone a traffico limitato, gli enti debbono provvedere con deliberazione giuntale, tenuto conto “degli effetti sulla sicurezza della circolazione, sulla salute, sull’ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio“. Perciò, certe decisioni non possono mai essere discrezionali, rappresentando l’effetto di una opzione fondata sulla necessità di tutelare le esigenze territoriali, mai le ubbìe dei rappresentanti ‘pro tempore’ del Palazzo. Di qui la doverosità di un’accurata indagine sulla mobilità al fine di motivare un provvedimento limitativo da inserire, di preferenza, nel contesto di un Piano urbano del traffico (art. 36 Cds), finalizzato a migliorare le condizioni della circolazione e della sicurezza stradale; a ridurre gli inquinamenti acustici ed atmosferici ed a conseguire risparmio energetico.
Ciò che è evidente è la “ratio” di un provvedimento interdittivo, fortemente limitativo, della circolazione, che però deve essere idoneo a risolvere problematiche rilevanti. I provvedimenti giuntali sono atti amministrativi formali che debbono presentare la struttura generale elaborata dal diritto amministrativo; vale a dire; 1) intestazione, preambolo, con l’indicazione delle norme in base a cui l’atto viene adottato; 2) attestazioni, concernenti gli atti preparatori; 3) motivazione, con cui la Pubblica amministrazione indica gli interessi coinvolti nel procedimento, la valutazione comparativa di essi, in uno con le ragioni per cui si sia deciso di preferire un interesse in luogo di un altro; 4) dispositivo, recante la dichiarazione di volontà vera e propria. Per quanto concerne l’obbligo di motivazione, la legge n. 241/1990 ha stabilito che questa sia necessaria perché imposta espressamente dalla legge e dalla natura stessa del provvedimento. Perciò, l’art. 3 ha disposto che tutto deve essere motivato.
Ciò posto, ove i cittadini non si ritenessero d’accordo con le decisioni assunte dalla Giunta, potrebbero ricorrere, entro 60 gg. dall’adozione del provvedimento, al Ministro dei trasporti (art. 37, c. 3, Cds), che deciderà nel merito. L’opposizione può essere proposta da chiunque abbia interesse e deve contenere (art. 74 Reg.): a) l’indicazione del titolo da cui sorge l’interesse; b) le ragioni dettagliate; c) l’eventuale proposta di modifica o di aggiornamento. Deve essere notificata, a mezzo di raccomandata con a. r., all’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del Ministero nonché al Comune deliberante. La proposizione sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che ricorrano ragioni di urgenza. In tal caso l’ente potrebbe deliberare di dare provvisoria esecuzione alla propria decisione; e questo eventuale secondo provvedimento dovrà essere comunicato al ricorrente ed all’Ispettorato, sempre con raccomandata con a r. Il ricorso viene deciso entro 60 gg. (ma il termine non è perentorio) e la decisione sarà comunicata al ricorrente ed all’ente (che è tenuto a conformarsi).
Naturalmente tutto quanto riferito in ordine a pedonalizzazioni di strade e di aree e di zone a traffico limitato vale per qualunque altra tipologia di segnale (divieti di sosta, etc.), fosse pure stato imposto con ordinanza dirigenziale o sindacale. Come si rileva, si tratta di una procedura estremamente semplice e per niente costosa, sicuramente molto più efficace delle inutili chiacchiere che leggiamo periodicamente sulla Stampa locale, peraltro già vissute in passato dagli automobilisti di Larino che ebbero a spuntarla sulle decisioni assunte dall’Esecutivo comunale dell’epoca in ordine al divieto totale della circolazione estiva lungo la via Cluenzio ed in p.za del Popolo.
Claudio de Luca