Perché chi getta rifiuti sul suolo pubblico non rischia quasi nulla

lun 15 aprile 2019
Veicoli al crocevia di Claudio de Luca
4min
Rifiuti su area pubblica ©torresina.net
Rifiuti su area pubblica ©torresina.net

Qualcuno si è liberato di diversi sacchi di rifiuti su di un’area pubblica. Nell’ispezionarne i contenuti, la Polizia locale rileva la presenza di fotocopie di documenti personali che permettono di risalire ad un’Azienda al cui carico viene accertata una violazione. La Società si rivolge ad un legale che ricorre al Giudice del Tribunale, competente in materia di inquinamento, premettendo: i rifiuti erano stati depositati su suolo pubblico, ma nessuno era stato rinvenuto nell’atto di abbandonarli, tant’è vero che le violazioni non erano state immediatamente contestate. Ciò posto, non sussistono elementi sufficienti ad affermare che la Società avesse violato le norme. Insomma una circostanza solo indiziaria, insufficiente a sorreggere una presunta responsabilità per chi, magari, si serve di collaboratori esterni, cosicché quei documenti potevano essere finiti in mezzo ai rifiuti per mano di altra persona, non individuata e non individuabile.

Se (art. 3, legge n. 689/1981”) ciascuno è responsabile delle proprie azioni, ne derivava – secondo il legale di parte - che, anche in tema di sanzioni amministrative (così come in penale), vige il principio secondo cui la responsabilità è personale. Or bene (art. 6, c. 3) le persone giuridiche e le società di persone non possono essere ritenute responsabili di violazioni che prevedano sanzioni amministrative. Tutt’al più sono solidalmente tenute al pagamento della somma, ma non possono rispondere direttamente della violazione. Detto principio, generalizzato ad ogni tipologia di responsabilità, comporta la non applicabilità della sanzione quando non sia stato individuato il responsabile, in ispecie quando la violazione consti di un comportamento positivo. In effetti, per le condotte omissive, il responsabile può essere individuato nel legale rappresentante, o chi per lui, ma solo in caso di delega di funzioni.

Insomma, se ognuno è colpevole delle proprie azioni, quando nei verbali non venga fatta alcuna menzione dell’autore materiale della violazione, il titolare dell’Azienda non può essere criminalizzato, tant’è che, nel caso di specie, l’accertamento non era stato contestato al momento poiché il trasgressore (ignoto) non era presente. E neppure l’organo accertatore aveva inteso svolgere indagini, più accurate, atte ad individuare gli effettivi responsabili. Curiosamente, però, nei verbali di accertamento viene indicato quale trasgressore la Società, mentre non viene citato il coobbligato. Ma, se una persona giuridica, non potrà mai risultare trasgressore di una norma, non avendo violato – materialmente - le norme contestate, si sarebbe mantenuta al riparo dei contenuti dell’art. 3 della legge n. 689/1981 in tema di responsabilità personale col risultato che il Giudice del Tribunale competente deve sospendere “l’esecutività dei verbali di accertamento “, annullando “gli atti impugnati“. Ma, nel caso di specie, ci sarebbe una coda.

I verbali, contestati per violazioni amministrative (diverse da quelle riferibili a norme contenute nel Cds), non possono essere impugnati dinanzi al Giudice se non quando siano stati trasfusi nel susseguente provvedimento (ordinanza-ingiunzione) con cui, ritenuto fondato l’accertamento, l’Autorità competente determini la sanzione, ingiungendo il pagamento; oppure, ritenutolo infondato, ritenga doversi provvedere all’archiviazione degli atti. In tal senso si è pronunciata la Corte costituzionale (ordinanza n. 160/2002). Solo per le violazioni alle norme della circolazione stradale è ammessa l’immediata impugnazione del verbale (titolo esecutivo). Dunque, un Giudice potrà essere adito soltanto dopo che la competente Autorità abbia avuto ad emanare un suo provvedimento definitivo (legge n. 689/1981, artt. 16,18 e 22). Con la succitata ordinanza, la Consulta intese chiarire che l’esercizio della facoltà di presentare scritti difensivi, e documenti, o chiedere di essere sentiti dalla competente Autorità, non concreta un ricorso amministrativo, ma più semplicemente una forma di partecipazione del trasgressore al procedimento ‘in itinere’.

E’ questo è proprio il caso dell’Azienda chiamata a rispondere in prima persona di sversamento di rifiuti su suolo pubblico, che poi si oppone sostenendo di essere estranea alla violazione. La fase delle deduzioni difensive non è presupposto necessario per la successiva opposizione dal momento che pure chi non avesse svolto deduzioni difensive potrebbe comunque impugnare l’ingiunzione definitiva. Questo significa che – se un trasgressore si opponesse al verbale (come nel caso in esame) – il Giudice non potrebbe fare altro che dichiarare l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse. Il verbale, in effetti, non è “immediatamente lesivo di posizioni del soggetto cui viene attribuita la violazione né può costituire in alcun modo titolo esecutivo o comunque atto di irrogazione di sanzione, neppure cautelare“. In conclusione: non può prodursi opposizione ad un provvedimento che comunque non riveste qualificazione di titolo esecutivo ma semplicemente “costituisce un mezzo per assegnare un termine agli stessi interessati per partecipare al procedimento con osservazioni, con scritti difensivi e presentazione di documentazione, ovvero per una sorta di composizione in via amministrativa (pagamento volontario in misura ridotta)“, senza mai assumere “il valore di titolo per il pagamento con il decorso dei termini, dovendo sempre ed in ogni caso - salvo che non intervenga una cosiddetta composizione con pagamento volontario ridotto – intervenire una ordinanza – ingiunzione o ordinanza di archiviazione dell’Autorità competente“. Per tutto quanto sopra premesso il Comune convenuto può chiedere al Giudice, ravvisata l’inammissibilità del ricorso, di volere condannare la richiamata Azienda alla refusione, in favore dell’Ente, delle spese, diritti ed onorari del giudizio,

Claudio de Luca

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